Agrivoltaico: menzogne e verità su un settore fondamentale per il futuro energetico del Paese

Una narrativa falsa e disinformata rallenta lo sviluppo di un segmento del mondo delle rinnovabili decisivo per l’agricoltura e per l’Italia

La guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica hanno fatto capire ormai anche al cittadino più distratto che l’emergenza che sta vuotando i nostri portafogli, distruggendo un sistema produttivo centenario e, di conseguenza, vessando i nostri spiriti va affrontata presto e bene. Quel che non è chiaro a tutti è il come. Sotto il cielo della questione energetica, e di quella ambientale, grande è la confusione che regna e disorienta i consumatori e, purtroppo, anche molti decisori. Un caso eclatante è rappresentato dal cosiddetto “agrivoltaico”, un metodo di produzione di energia sostenibile abbinata all’agricoltura che pur essendo una delle possibili soluzioni del problema è stato esso stesso trasformato, da una narrativa confusa e da molta disinformazione, in una pratica non sempre capita e troppo spesso osteggiata.

Un problema mica da ridere. Un paese come il nostro, con una agricoltura ricca di tradizione e di biodiversità, ha l’obbligo di tutelare questo patrimonio e di garantirgli un futuro soprattutto grazie a logiche di sostenibilità. Occorre quindi intervenire preliminarmente per smontare quei falsi miti e quelle leggende metropolitane che hanno fin qui impedito un corretto sviluppo dell’agrivoltaico. Uno sforzo necessario per capire come stanno veramente le cose e dove bisogna puntare per usare la natura in modo utile e sostenibile.

La semantica ed il vocabolario, come sempre, sono due buoni punti di partenza. Se scomponiamo la parola, che è un neologismo composto, scopriremo che le radici sono due, l’agri-coltura e il foto-voltaico, e che la crasi concettuale che ne consegue indica che stiamo parlando di un modo di produrre energia rinnovabile compatibile con il miglior modo di fare agricoltura. La classica unione che fa la forza, potremmo dire per semplificare ulteriormente. Anche la parte semantica aiuta a capire le qualità che sottendono al neologismo. Dietro il concetto di agrivoltaico, infatti troviamo valori come sostenibilità, innovazione, integrazione, sinergia e, naturalmente, biodiversità. Tutto questo dovrebbe farci supporre che chiunque possa facilmente comprendere come agricoltura ed energia possano essere molto utilmente parte della stessa filiera sostenibile di produzione e come questo mondo rappresenti per l’Italia la prospettiva migliore per salvaguardare l’agricoltura e l’ambiente.

Ma come, abbiamo detto, non è così. C’è confusione e tanta disinformazione. E come sempre in questi casi i contrari fanno leva sulle paure. Quali sono quelle utilizzate contro l’agrivoltaico? Poche, ma potenti e soprattutto false. Vediamole: si riduce il terreno per l’agricoltura vera e propria, si fa ombra alle altre colture, si deturpa il panorama, si inquina. Diciamolo chiaro e tondo, sono tutte false credenze, queste e le altre che circolano. Problemi derivanti da una vulgata figlia a volte di ignoranza altre volte di una narrativa truffaldina fatta circolare ad arte dalle lobby che difendono le forme di produzioni energetiche tradizionali.

La ricerca ha invece dimostrato che l’agrivoltaico, quando praticabile, produce energia pulita contribuendo in modo significativo ai nostri fabbisogni energetici, e aiuta l’agricoltura. Sintetizzando possiamo dire  che un sistema agrivoltaico consiste in un impianto fotovoltaico posizionato su un terreno su cui si sviluppano anche attività agricole e/o zootecniche, con una piena integrazione e sinergia tra produzione elettrica ed agricola.

Importante anche la considerazione molto positiva espressa in uno studio che Legambiente ha pubblicato nel 2020 intitolato “Agrivoltico, le sfide per un’Italia agricola e solare”: «La riappropriazione di un ruolo di produttore energetico per il settore agricolo passa dunque dall’interpretare una parte da protagonista nella transizione energetica solare: la convivenza di questa con le altre produzioni agricole (food crop, mangimi, materie prime) è un potente vettore di miglioramento della prestazione economica dell’agricoltura, e quindi in ultima istanza un veicolo di rafforzamento del ruolo e del presidio produttivo che questo comparto è in grado di determinare sul territorio».

Per capire meglio abbiamo interpellato gli esperti di Enel Green Power (EGP), azienda leader mondiale nello sviluppo e nella gestione delle rinnovabili, che è anche protagonista e pioniera proprio nel settore dell’agrivoltaico.

Cominciamo col dire che i vantaggi dell’agrivoltaico sono multipli anche per le stesse colture. Infatti, i pannelli solari usati in questo settore della produzione rinnovabile fungono anche come coperture dai raggi solari. Un vantaggio non da poco perché diminuisce la richiesta idrica: generando ombra questi pannelli infatti possono abbassare la temperatura al suolo e ridurre l’evaporazione delle acque nel terreno. Un altro vantaggio deriva dalla regimentazione delle acque piovane. Grazie alla presenza dei pannelli si possono infatti regolamentare i flussi e la raccolta dell’acqua, garantendo livelli più costanti e meno picchi. O ancora la protezione dalle intemperie, a cominciare dalla grandine. Le strutture per l’agrivoltaico proteggono infatti molto bene le colture da questa temuta intemperia, responsabile della distruzione di molti raccolti.

Infine, l’infrastruttura elettrica e quella di comunicazione digitale possono contribuire ad abilitare una gestione agricola molto più efficace e competitiva nonché pratiche agricole di precisione che grazie alle tecnologie digitali possono diventare più sostenibili e competitive. In questo senso chiarissima è la spiegazione di Miriam Di Blasi, Responsabile Environment & Impacts Mitigation Innovation di EGP, aziende leader di settore a livello globale: «La progettualità sviluppata da EGP prevede il cosiddetto modello ‘standard’, cioè con i pannelli tipicamente collocati su strutture appoggiate a terra che consentono di seguire il movimento del sole, posti a due metri di altezza dal terreno».

In pratica, le colture si sviluppano nelle aree libere tra le strutture di sostegno dei pannelli solari e, laddove percorribile, sotto ai pannelli stessi. «EGP è focalizzata su questo modello – prosegue Di Blasi – perché è già sperimentato su grande scala, porta benefici al mondo agricolo e alle comunità locali, e assicura una transizione energetica competitiva, senza la necessità di alcun incentivo, diversamente dai modelli alternativi, come ad esempio, i pannelli in elevazione posti a 4-5 metri di altezza dal terreno».

E questi sono vantaggi puri per l’agricoltura, area in cui l’applicazione di impianti fotovoltaici migliora le produzioni a tutto beneficio per gli imprenditori agricoli. Poi ci sono i vantaggi economici collaterali, approfonditi da una recente ricerca dell’Università della Tuscia: «La maggiore marginalità derivante dal fotovoltaico potrebbe consentire all’agricoltore di riconquistare la propria libertà di scelta, così da aumentare la compatibilità con il territorio e la sostenibilità ambientale. Ciò potrebbe anche essere accompagnato da un ritorno, in alcuni territori, di colture tradizionali, ormai quasi del tutto scomparse. L’agro-fotovoltaico, quindi, si inserisce a pieno titolo nell’ottica di multifunzionalità dei sistemi agricoli, aumentando la possibilità di utilizzare nuovamente e in modo sostenibile una gran parte delle superfici agricole, ormai non più coltivate per la loro bassa redditualità. Ciò sarebbe, sicuramente, un vantaggio sia per il maggior reddito generato, sia per la riduzione delle problematiche ambientali date dall’abbandono».

Iniziative e modelli di questo genere creano poi opportunità di valorizzare anche altre expertise  fino a qualche anno fa difficilmente integrabili nel mondo dell’energia, come chiarisce Eleonora Petrarca, responsabile Business Development Italia di Enel Green Power: «Nel promuovere le proprie iniziative agrivoltaiche, Enel Green Power opera tramite il coinvolgimento di esperti locali: agronomi, aziende agricole, associazioni di settore e Università. Soggetti che conoscono bene il territorio target e che, di conseguenza, possono contribuire in maniera attiva alla valorizzazione della progettualità integrata, arrivando così a modelli virtuosi, sostenibili, con un equo impiego di tutte le risorse, realizzando impianti che contribuiscono alla transizione energetica del nostro Paese».

Eleonora Petrarca

Un modello concreto – quindi – che consente di superare l’errata percezione di una dicotomia “impianti fotovoltaici vs attività agricola”, testimoniando quindi che questi due mondi non sono in contrapposizione, ma parti di un percorso comune che può generare valore condiviso per tutti gli stakeholder. Ancora un’altra testimonianza da Enel Green Power con  Nicola Rossi, Responsabile Innovation che chiarisce come «i numeri dimostrano che lo sviluppo di nuova capacità rinnovabile per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e transizione energetica del Paese al 2030 non rappresenta una criticità in termini di uso del suolo, dato che secondo Elettricità Futura l’occupazione potenziale risulterebbe pari a circa lo 0,3% dell’intero territorio italiano e pari a circa lo 0,6% se rapportato al solo terreno agricolo». 

L’agrivoltaico non va quindi letto come una soluzione al problema dell’occupazione del suolo e degli impianti fotovoltaici a terra, ma piuttosto come un modello che può unire la produzione di energia rinnovabile, economica e pulita, a pratiche agricole e zootecniche high-tech e sostenibili e soluzioni per la tutela della biodiversità con un reciproco vantaggio per la generazione solare dell’agricoltura; un modello virtuoso da perseguire ogni qualvolta è possibile creare valore condiviso con il territorio.

Insomma, investire nell’agrivoltaico conviene agli agricoltori, conviene ai produttori di energia rinnovabile, ma soprattutto conviene al Paese, tra l’altro impegnato nello scenario REPowerEU all’istallazione di 85 GW di nuova capacità entro il 2030. Con questo modello produttivo generiamo energia pulita, usando al meglio quella che la natura ci ha dato e lo facciamo in un momento in cui la dipendenza da energie fossili ci rendere particolarmente fragili.

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