«Sono molto soddisfatto di questo graphic novel e non solo del risultato finale – che giudico di alto livello – ma anche per il processo creativo». Così Massimo Carlotto, uno dei maestri del noir italiano, che insieme a Emanuele Bissattini per l’adattamento alla sceneggiatura («lavorare con lui è stato davvero un piacere») e Irene Carbone ai disegni («è riuscita ad interpretare personaggi e luoghi in modo unico e straordinario») ha dato vita a una suggestiva opera a fumetti con al centro il personaggio del commissario Bernadette Bourdet (B.B.). Un racconto intenso, che guida il lettore nei vicoli di Marsiglia, nei suoi bar e anfratti per risolvere l’omicidio di un agente spagnolo all’interno di una suite di un lussuoso albergo. Il commissario chiederà aiuto a una vecchia conoscenza, il boss Albert Grisoni. Ma nulla è come appare in questa indagine.

Edito da Round Robin (collana Tempesta), il graphic novel Cité (copertina rigida, 120 pagine a colori, 16 euro) si divide in due parti. «La prima è tratta dal mio romanzo Respiro corto pubblicato da Einaudi – riprende Carlotto –, la seconda l’ho scritta appositamente per questo progetto. Il processo, in entrambe le situazioni, è stato naturale: Bissattini sceneggiava, e io, se capitava, intervenivo con altre proposte o chiarimenti. Carbone l’ho conosciuta a volume pubblicato, com’era giusto del resto». Dunque, è Marsiglia a fare da sfondo alla vicenda. «Da suo profondo conoscitore mi sono ritrovato nella città che ho descritto», incalza Carlotto, per poi spiegare: «Romanzo e fumetto – ritengo quest’ultimo uno strumento straordinario. Fa parte del mio linguaggio anche quando scrivo romanzi, sceneggiature, testi teatrali – sono distanti ma riescono a trovare punti di contatto quando si fondono gli intenti narrativi. Si tratta di instaurare un dialogo fondato sul confronto».
Quindi interviene Bissattini, che proprio in rimando a Carlotto afferma: «Cercavamo la sua inconfondibile cifra stilistica, il suo stile duro, tagliente, la struttura drammatica». Poi entra nel dettaglio del lavoro svolto. «Con Massimo abbiamo individuato il punto di partenza, recuperando un racconto da una raccolta che ha per protagonista un personaggio enormemente carismatico: B.B., il commissario Bernadette Bourdet, donna, lesbica, per niente incline al compromesso, già protagonista di un bellissimo romanzo». Prosegue: «Abbiamo trattato il racconto come una sorta di trattamento esteso, cominciando a sceneggiarlo, per poi individuare alcune linee guida: Marsiglia, ad esempio, più che come luogo è stata considerata una sorta di personaggio aggiunto». A quel punto, «è iniziata la fase di sceneggiatura vera e propria: io sceneggiavo blocchi di storia, da uno snodo narrativo al successivo, poi li condividevo con Massimo e Irene per le correzioni, discussioni, interpretazioni. Una volta finito il giro passavo la palla a Irene e mi occupavo del blocco successivo».

Dietro a questo graphic novel c’è un lavoro di gruppo (a distanza). Che non ha pesato sul risultato finale. «Emanuele ha fatto da tramite e interprete tra me e Massimo – spiega Carbone – io mi sono occupata quasi esclusivamente dell’aspetto grafico del lavoro. In alcuni passaggi mi è stata data molta libertà espressiva, infatti è stato piacevole e divertente nonostante la fatica. I tempi di questo genere di opere sono sempre piuttosto stretti e subordinati al mercato, ma spesso è questa pressione che permette di finalizzare in modo pulito».
Ulteriore aspetto interessante è la scelta e l’uso dei colori da parte di Carbone, che a questo proposito spiega: «Per Cité ho lavorato in digitale, usando una tavoletta grafica e il computer. Questo mezzo è più che necessario nel caso di lavori corali come questo, perché spesso bisogna fare modifiche in corso d’opera e le indicazioni possono cambiare con tempi imprevedibili. Ho potuto scegliere in libertà la tipologia di colorazione e ciò mi ha dato la possibilità di aggiungere un livello narrativo alla storia, un livello più “emotivo”». E ancora, «il racconto è diviso in due parti che ho voluto differenziare anche cromaticamente, dando alla prima dei toni più decadenti e soffocanti e alla seconda più cupi e violenti. Alcuni colori in determinate scene hanno un valore preciso: il rosso ad esempio può parlare di violenza o di passione, il verde acido di crudeltà o cattiveria».
