A vent’anni dalla sua ideazione e con un costo di circa 680 milioni di euro, il controverso Forum Humboldt di Berlino è finalmente completo, ma “il lavoro all’interno inizia ora”.
Quasi nessun progetto edilizio a Berlino è stato così complesso e dibattuto come quello dell’Humboldt Forum, criticato per la sua forma e il suo contenuto sin dalla sua concezione ben vent’anni fa. Dopo un’apertura graduale iniziata a dicembre 2020, le restanti gallerie dell’Ala Est hanno aperto al pubblico sabato 17 settembre.
I nuovi spazi della galleria – parliamo di 16.000 metri quadrati – comprendono, infatti, 20.000 oggetti provenienti dalle collezioni africane, asiatiche e americane del Museo etnologico di Berlino e del Museo di Arte Asiatica, entrambi appartenenti alla Fondazione per il patrimonio culturale prussiano. Il complesso di 40.000 mq situato proprio di fronte all’Isola dei Musei, nel cuore della capitale tedesca, è ora completo, almeno dal punto di vista esterno, ma da adesso dovrà mantenere le promesse di restituzione. “Da oggetto di dibattito, l’Humboldt Forum diventa ora un luogo di dibattito”, ha dichiarato il ministro della Cultura tedesco Claudia Roth nel suo discorso d’apertura.
In effetti, l’apertura finale è stata impregnata di parole caute e di autocritica: questo è un “processo di guarigione”, dice Roth. L’essenza della narrazione del Forum si basa sulla contestualizzazione, la riconciliazione e la rivalutazione storica non eurocentrica: la co-cura si è trasformata in una sorta di mantra. Per Dorgerloh il “concetto di museo va ripensato come luogo che non è dedicato principalmente agli oggetti ma alle persone”.
Particolare attenzione hanno suscitato le gallerie dedicate allo storico Regno del Benin, nell’odierna Nigeria. Oltre all’annuncio di restituire oggetti al Camerun, alla Namibia e alla Tanzania nel giugno di quest’anno, la Prussian Cultural Heritage Foundation ha anche approvato la restituzione alla Nigeria di oltre 500 bronzi del Benin che furono originariamente saccheggiati dagli inglesi nel 1897 e successivamente acquisiti dalla Germania a un’asta a Londra. L’artista nigeriano Enotie Paul Ogbebor – che lavora a stretto contatto con il Benin Dialogue Group (il consorzio dei musei occidentali che negozia la restituzione degli oggetti saccheggiati in Nigeria) – afferma che l’Humboldt Forum ha mostrato un approccio collaborativo ma “non è sufficiente”. Per spingere ulteriormente l’idea di decolonizzazione il museo dovrebbe “impiegare effettivamente persone di questi paesi come parte dei loro team di curatori”. L’importanza risiede non solo nella restituzione degli oggetti, ma nella “restituzione delle conoscenze” e delle “opportunità”.