Emblema dell’arte allo stato urbano, capace di piegare (a proprio piacimento) qualsiasi regola del mercato facendo andare su tutte le furie i più voraci tra i collezionisti, il “fantasma” Banksy è protagonista di un graphic novel.
Mistero vivente, genio della satira, imprendibile e provocatorio (se fosse il titolo di un film, sarebbe “Prova a prendermi”, Spielberg docet), capace di lasciare al suo rapido passaggio una serie di immagini iconiche e di denuncia sui muri (e non solo), il writer inglese – tra i più rilevanti esponenti della street art – ha colpito l’attenzione di Francesco Matteuzzi, giornalista e sceneggiatore, e di Marco Maraggi, illustratore e fumettista. Sono loro a firmare Il suo nome è Banksy (Centauria, cartonato 128 pagine a colori, 19.90 euro), uno sfizioso volume a fumetti che immerge il lettore nella sua storia, dagli esordi a Bristol approdando ai giorni nostri.
La vicenda viene raccontata attraverso un ragazzo e una ragazza che, appassionati di street art, decidono – telefonino alla mano, scarpe comode e tanta curiosità – di realizzare un reportage ripercorrendo i passi del loro idolo. Narrando, di volta in volta, il senso delle sue opere ed evocando gli accadimenti che le hanno ispirate: come durante la protesta di Seattle nel caso del lanciatore di fiori oppure il conflitto in Afghanistan, nel corso del la quale, a Londra, Banksy ripropone una nota scena di Pulp Fiction sostituendo le pistole di John Travolta e Samuel L. Jackson con delle banane. Nel loro peregrinare i due giovani formulano una serie di congetture su chi sia, realmente, il nostro uomo incappucciato, e – quartiere dopo l’altro, video dopo video – sembrano quasi in procinto di incontrarlo.
È proprio quello che abbiamo fatto noi (riuscendoci) con gli autori del graphic novel, che spiegano all’unisono: «L’idea di un libro a fumetti su Banksy è dell’editor Balthazar Pagani, che ha intercettato la necessità di andare a raccontare lo street artist attraverso questo formato». Tutto questo partendo da un interrogativo: chi è Banksy in relazione al resto del mondo? Una domanda che, in qualche modo, giriamo agli stessi autori, chiedendo chi è, invece, per loro. «È molte cose – precisa Matteuzzi –, certamente un artista enorme, ma soprattutto un grande mistero. Di lui conosciamo pochissimo, e questo pochissimo è stato accuratamente selezionato da Banksy in persona.
Quindi si potrebbe dire che le informazioni che abbiamo riguardano il “personaggio”, più che l’individuo. E questo è geniale, perché così, nella nostra percezione, smette di essere un uomo e diviene una creatura impalpabile, quasi ultraterrena». Continua Maraggi: «Parliamo di una figura iconografica, che ha fatto del mistero attorno a sé un punto fondamentale (e di forza) della sua comunicazione. Un artista i cui messaggi e il cui linguaggio, spesso contraddistinti da un forte messaggio sociale e un’ironia tinta di amarezza, sono trasversali e accessibili a tutti».
Quindi entrambi entrano nel dettaglio di “Il suo nome è Banksy”. «Una delle prime cose che ho pensato quando ho iniziato a sceneggiare il graphic novel – spiega Matteuzzi, che insegna sceneggiatura e storytelling alla Scuola internazionale di comics a Padova – è stata che la narrazione avrebbe dovuto non solo parlare dell’artista ma anche comprendere alcune delle caratteristiche della sua opera. Le cose che saltano maggiormente all’occhio, nella produzione di Banksy, sono l’impegno sociopolitico e l’ironia. Così la storia è stata costruita proprio su questi binari: con in mente i temi delle opere “banksiane” e, allo stesso tempo, forte di quell’ironia un po’ amara che mette in luce le contraddizioni del nostro mondo». Quindi Maraggi – professionista che collabora con diversi editori e magazine internazionali – circoscrive: «Uno dei punti di forza più grandi di Banksy, dal punto di vista visivo (e quindi nei suoi stencils) è la sintesi grafica. Ritengo che il gioco di bianchi e neri con qualche tocco di colore molto semplice ma incredibilmente efficace, che non fallisce mai nel farsi veicolo di vari messaggi, rappresenti la chiave del suo successo.
Nel volume a fumetti, va da sé, non potevamo presentare direttamente delle opere dell’autore ma col mio lavoro grafico ho tentato in alcune tavole di ispirarmi a questo aspetto del suo stile, andando poi ad aggiungere del mio». Un lavoro in team, di grande sinergia, quello portato avanti dallo sceneggiatore, dall’illustratore e dell’editor, che hanno cercato di trovare (riuscendoci, aggiungiamo) le soluzioni migliori per arrivare a dama. Ed ecco che l’elemento curiosità torna predominante quando chiediamo a Maraggi e Matteuzzi quali sono gli altri street artist, in Italia e all’estero, che apprezzano di più. «A livello nazionale mi piacciono molot Blu, Ericailcane e Ozmo. Oltreconfine, invece, i miei preferiti sono Frank Shepard Fairey e Invader», spiega il primo, mentre il secondo è più orientato al consiglio: «Ci sono un sacco di bravi street artist, là fuori, che realizzano lavori incredibili, e a volte le loro opere si possono vedere semplicemente svoltando l’angolo. Quindi, svoltiamo più angoli».





Info: www.centauria.it