Un bilancio su PBM+C, la fiera più chic della Florida, tanta arte coreana e un ritorno alla pop art 

Si è appena chiusa la fiera-evento più chic dell'anno a Palm Beach. In mostra Ai Weiwei, Koons, Banksy, Kaws e tante novità

A pochi chilometri di Miami esiste un posto dove il pubblico più chic e perspicace del mondo dell’arte si dà segretamente appuntamento senza troppi clamori, lontano dalla pazza folla di Art Basel e dal suo carrozzone mediatico. Niente code chilometriche, niente ostentazione: i collezionisti qui vanno al sodo; rispetto alla calca di Miami, sono molto più vicini alla nostra idea europea di connoisseur, e sborsano cifre esorbitanti con un impeccabile understatement.

In questo posto c’è un numero davvero impressionante di opere di qualità museale, e raramente esposte, degli autori più iconici dell’ultimo secolo. Nomi da far girare la testa: Robert Motherwell, Roy Lichtenstein, Kenneth Noland, Banksy, Kaws, Kusama, Murakami, Alex Katz, David Hockney, Frank Stella, Botero, Alexander Calder, Jean Arp, Manolo Valdés, Sam Francis, Andy Warhol, Fernand Léger, Marc Chagall, Picasso, Francis Bacon, Kenny Scharf, James Rosenquist, Tom Wesselmann, Damien Hirst, Milton Avery, David Salle, Ai Weiwei, Jeff Koons. Tutti qui insieme. E quasi nessuno, se non i collezionisti più accorti e ben informati, nel mondo sembra saperlo.

Esiste davvero. È a Palm Beach, ridente cittadina sulla costa atlantica della Florida di appena novemila abitanti. Ma tra quelle novemila anime, alcune fanno di nome Bill Gates, Michael Jordan, Celine Dion, e Donald Trump.

Per questo pubblico di nicchia Nick Korniloff, storico direttore di Art Miami (uno degli eventi di punta della Miami Art Week in concomitanza con Art Basel), ha fondato Palm Beach Modern + Contemporary (PBM+C), quest’anno alla sua quinta edizione. Prima di trasferirsi nell’ampia area del Convention Center, dove quest’anno ha avuto luogo dal 24 al 27 marzo, la fiera non era che un tendone a West Palm Beach. “In passato avevamo solo sessanta gallerie, e ora ne abbiamo novanta”, spiega Korniloff. “Quindi, serviva più spazio per respirare”. Ed effettivamente l’evento ha avuto un respiro ampio, ospitando oltre ottantacinque gallerie da nove nazioni, con un’offerta che spazia dalla pittura alla scultura cinetica, dalla pop art ai video e agli NFT, fino alla fotografia. E che fotografia. Un’intera sezione (“Harry Benson: a life of legendary photographs”) è stata dedicata all’illustre concittadino Harry Benson, che proprio qui in fiera ha ricevuto dalla Città di Palm Beach il premio alla carriera.

Il successo straordinario di PBM+C è in parte un effetto collaterale della diaspora pandemica, che ha creato nuovi e inattesi flussi migratori urbani. Da New York alla costa ovest della California, frotte di imprenditori, professionisti e fondatori di start-up si sono riversati in massa in Florida, complice un clima favorevole, una oculata politica di incentivi economici da parte delle istituzioni locali, e un certo allentamento delle restrizioni sanitarie rispetto agli stati limitrofi. La conseguenza è stata una forte inurbanizzazione culturale in aree prima periferiche o marginalizzate. Durante la pandemia sono state davvero tante le gallerie blue-chip che hanno trasferito le loro sedi da New York a Palm Beach, seguendo la loro clientela che si era trasferita qui. Rapidamente il sud della Florida è diventata una destinazione di livello mondiale per gli appassionati d’arte.“Prima della pandemia”, dichiara Korniloff, “la nostra area ospitava già una comunità esperta di appassionati d’arte durante i mesi invernali, ma ora è diventata un ambiente urbano più aperto tutto l’anno, che ha creato molta energia attorno all’evento”.

E davvero l’evento che si è appena concluso è stato di quelli destinati a lasciare il segno. Rispetto all’edizione precedente del 2020, l’influenza della pop art si è fatta più incombente (Deborah Azzopardi  Andrew Cotton, Philip Colbert). Tuttavia la pittura, dall’iperrealismo (Janet Rickus, Dana Zaltzman) all’astrattismo (Wosene Worke Kosrof, Jolie Harris, Robert Harms) alla optical art (John Zoller, Lyès, Victor Vasarély), sembra nuovamente in auge con un certo ritorno alla tecnica e al mestiere. Da segnalare la nutrita presenza della Corea (Chul-Hyun Ahn, Jae Ko, Ham Sup, Cha Jong Rye, Suh Jeong Min, Yong R. Kwon, Gwang Hee Jeong) con opere di forte impatto visivo che condividono uno spiccata attitudine sperimentale focalizzata su luce, spazio, cinetismo. L’arte coreana è di grande tendenza; senz’altro la prossima “big thing” nel panorama mondiale dell’arte. Da tenere d’occhio.

Palm Beach Modern + Contemporary

photo credits Marco Guglielmi

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