I lavori di Marcello Spada, oggetti concettuali e situazioni ironiche per disorientare

Ostinato rigore nell’inseguire le più disparate tecniche verso una scultura performativa

DA INSIDE ART #123

Ostinato rigore nell’inseguire le più disparate tecniche verso una scultura performativa

Germania, Marcello Spada si è formato allo IUAV di Venezia, alla HfBK Städelschule di Francoforte e al Sandberg Institute di Amsterdam. L’aspetto concettuale della sua ricerca e i suoi interessi lo portano a produrre oggetti e situazioni ambivalenti e ironiche e a relazionarsi con tecniche di volta in volta diverse. La scultura, elemento importante del lavoro, rifiutando di essere contenuta in un unico oggetto, si fa tramite e risultante di un processo di negazione di alcuni canoni precostituiti, nonché astrazione da qualsiasi definizione data.

Spada

Chunk, 2020, detail

Che ruolo ha avuto l’esperienza a Francoforte nella tua formazione?
«All’inizio ero incredulo. Non pensavo ci potesse essere tanta indipendenza per professori e studenti all’interno di un’istituzione. È stato un periodo fondamentale, in parte anche per destrutturare l’esperienza triennale allo IUAV di Venezia».

Come intendi la scultura alla luce della fluidità dei media che vede coinvolto il tuo lavoro come artista?
«Penso ai suoni come terremoti prodotti da subwoofer, come sussurri che spaccano i vetri. Cerco di occupare il pavimento con pesi pari alla portata del solaio per poi invitare i topi a ballarci sopra».

Spada

Colorblind, 2018

C’è una certa reticenza alla definizione, che elegge l’inafferrabilità a fil rouge della tua opera. Cosa ti porta a questo approccio? Che tipo di sperimentazione ti permette e ti concede?
«Non so, non cerco di essere inafferrabile per partito preso. Però è vero che inseguo le idee più disparate con stupido rigore, spesso perdendomi ma altre volte imparando tecniche inattese e materiali ignoti».

In una precedente intervista affermi che spesso i tuoi lavori nascono da circostanze che innescano delle reazioni. Cosa intendi?
«In Bedroom Ensemble volevo realizzare una performance coinvolgendo i conservatori dell’omonima opera di Claes Oldenburg al Museum für Moderne Kunst MMK di Francoforte. Ho incontrato la responsabile e esaminato la strumentazione. Ho quindi proposto che l’opera, contrariamente al solito, venisse pulita e manutenuta durante gli orari d’apertura del museo. Per ragioni di riservatezza i restauratori hanno declinato e, per motivi legati all’assicurazione, non ho potuto realizzare il lavoro con dei performer. Preso atto dell’impossibilità, ho contattato l’artista per chiedere un suo parere. Oldenburg mi ha palleggiato dichiarando che l’idea oscurava il contesto originale del lavoro. Ma proprio lui, nel 1968, aveva sostenuto di essere votato all’apertura e che i suoi lavori erano costruiti per essere performati in ogni modo possibile. Continuando la ricerca sull’opera ho trovato i disegni e le misure pubblicate. Ho quindi realizzato una copia di uno degli elementi della Bedroom Ensemble, la Zebra Chair. Non trovando in commercio un tessuto zebrato simile all’originale, ho riprodotto uno stencil basandomi su materiale fotografico».

Cos’è Chunk? Che genere di contraddizioni fa emergere questa scultura e quali contrasti nascono nel momento in cui viene riproposta in un luogo diverso da quello in cui è stato presentato?
«Chunk ha le sembianze di un solido regolare a cui è cresciuto un bel pelo. La scultura può essere allestita senza restrizioni architettoniche, oppure essere compressa in uno spazio anche quando questo non è pienamente capace di contenerla. Il rivestimento lo fa sembrare addomesticabile ma la natura del volume è invece riottosa e poco si lascia ammansire. Il testo del curatore Gabriele Tosi, stampato nella pubblicazione che accompagna l’opera edita da Aosta Publishing, ne sottolinea alcune conseguenze: “Da qui l’estetica goffa, inutile e sconveniente della forzatura. La difficoltà, ricercata nella gestione dei volumi e dei materiali, è generatrice di posture inedite di corpi nello spazio”».

Spada

Bedroom Ensemble, 2015

Il rapporto irrisolto tra scultura, spazio narrativo e spazio reale, si risolve nel lavoro o rimane aperto? «In Chunk i rapporti sono risolti tramite forzatura, lasciando intuire le astruse manovre che hanno permesso all’oggetto di presentarsi e aprendo a future riconfigurazioni. In Home Affairs e Ömmestal, per calare una narrazione esterna di cosa c’è dietro oggetti apparentemente innocui, utilizzo una mail. Home affairs è una serie di cestini installati nel museo. La mail li collega al piano vigi-pirate con cui la città di Parigi combatteva il terrorismo, descrivendo la trasparenza dei sacchetti come un dispositivo di sicurezza antibomba. Ömmestal è la riproduzione non autorizzata di un divano di Franz West, la mail evoca la battaglia legale sui diritti di riproduzione combattuta tra gli assistenti e i parenti dell’artista austriaco».

Le tue opere risultano come trappole visive che han- no una certa performatività intrinseca, laddove lo spettatore diventa testimone di un accaduto che è avvenuto prima e che è implicitamente riproposto nel lavoro. Dove si inserisce lo sguardo in questa triangolazione tra opera, artista e spettatore?
«Lo sguardo è in un altro presente. In Colorblind, installazione realizzata da Tripla (Bologna) qualche tempo fa, ho irradiato di luce verde dei perfetti tortellini. Rifacendomi agli esperimenti cromatici di Johannes Itten citavo il Manifesto contro la Pastasciutta dei Futuristi, scritto per il Regime a sostegno della campagna per il consumo del riso italiano».

Hai esposto in ambiti tra loro diversi, percorrendo lo spettro delle istituzioni, dei musei, e dei project space. Che peso hanno secondo te oggi gli spazi indipendenti per la produzione artistica?
«Credo siano da sempre il luogo di sperimentazione e formazione di gruppi eterogenei che riescono a mediare il loro rapporto con il presente. Penso in questo senso alle esperienze di Via Lazzaro Palazzi, Via Fiuggi, GUM, Loca- leDUE, Tripla, Gelateria Sogni di Ghiaccio».

Progetti a cui ti stai dedicando al momento?
«Comprare tempo per poterlo sprecare come si deve».

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