DA INSIDEART #123
Ibridi avveniristici in futuri distopici, dalla ceramica raku alla stampa 3D
Le creature ctonie – scrive Donna Haraway in Chthulucene – sono esseri della Terra, al contempo antichi e appena nati. Immagino queste creature piene di tentacoli, antenne, dita, cavi, code a frusta, zampe da ragno e chiome arruffate. Le creature ctonie sguazzano nell’humus multispecie, ma non vogliono avere nulla a che fare con l’Homo che ne sta lì a scrutare il cielo. Le creature ctonie sono mostri nel senso migliore del termine: dimostrano e performano l’importanza materiale dei processi terrestri e di tutte le creature”.
Suggestionato dalle parole della scrittrice, come da quelle di Bruno Latour o Timothy Morton, anche Giovanni Chiamenti, artista veronese con base a Milano, immagina e realizza delle creature appena nate o future, sorte di cyborg formati dalla commistione tra creature esistenti e scarti plastici: «Si tratta – dice Chiamenti – di un nuovo glossario organico, una sorta di evoluzione della natura in chiave fantascientifica e distopica, in cui immagino un futuro dove le specie vegetali e animali si svilupperanno e si adatteranno all’inquinamento ambientale, ad esempio inglobando la plastica generata dalla sovrapproduzione capitalistica all’interno della loro struttura biologica».
Come nel Bestiario Haraway creato da Federica Timeto, anche Chiamenti inventa delle nuove forme or- ganiche e un relativo sistema tassonomico assegnando una nomenclatura pseudo-scientifica a ognuna delle sue creature per conferirgli maggior validità e credibilità scientifica. La serie prende ispirazione da Elysia chlorotica uno dei pochissimi ibridi conosciuti in natura, un animale che si comporta da vegetale ed è in grado di compiere la fotosintesi clorofilliana.
La serie è stata realizzata con la tecnica della ceramica Raku perchè: «è una tecnica – spiega l’artista – che ha in sé l’idea di evoluzione e di trasformazione. Dopo la cottura nel forno, infatti, la ceramica va posta sotto della segatura; nel momento in cui entra in contatto con l’ossigeno i metalli che la compongono, l’ossido di rame e il nitrato d’argento, ossidano se non controllati. La colorazione di ogni scultura si stabilizza nelle 24/48 ore successive l’uscita dal forno, sviluppando una serie di tinte che vanno dagli effetti ramati/argentati ai verdi. Grazie a questo processo di metamorfosi ogni opera diviene in qualche modo una creatura vivente».
Questa serie è confluita nella mostra personale di Chiamenti, Sottosuolo subarmonico, realizzata nella Galleria Marrocco di Napoli a giugno 2021. Se questa sua forte attitudine manuale può dare di Chiamenti l’idea di un artista quasi classico, nella tecnica esecutiva e nei materiali utilizzati, basta dare un’occhiata a opere come Quarantine o Cortex per capire di esser completamente fuori strada. In questo caso ci troviamo di fronte delle sculture realizzate tramite la stampa 3D, una riproduzione di elementi naturali reali modificati dal tempo e dagli agenti atmosferici.
L’intento è, ancora una volta, quello di creare piante avveniristiche, che potrebbero popolare un futuro non così lontano da noi, in cui la plastica verrà completamente integrata nei processi evolutivi delle diverse specie: «È dal 2018 – continua Chiamenti – che utilizzo la stampa 3D, cioè da quando ho avuto la possibilità di fare una residenza alla School Of Visual Arts di NewYork. Lì ho avuto l’occasione di accedere a laboratori davvero incredibili dove ho sperimentato scanner e stampanti 3D, laser-cutter, software e tecnologie fino ad allora a me sconosciute».
Durante la chiacchierata discute di un’altra opera che è manifestazione di un’ulteriore sua forma espressiva. Si tratta di Overlaid Symbiosis, un video realizzato a partire da una documentazione raccolta dall’artista nel corso dei suoi viaggi, poi assemblata e sovrapposta, distorcendo le immagini tramite effetti: «Si rifa – racconta – all’idea di simbio-genesi, la capacità cioè degli esser viventi di coesistere e coabitare, trovando un equilibrio. Nel video creo una stratificazione in cui si intesse un rapporto tra uomo, macchina e natura e una loro conseguente inter-dipendenza».
Una voce fuori campo accompagna le immagini del video, vincitore della sezione Video del Combat Prize nel 2020, leggendo un testo scritto dall’artista e influenzato, ancora, da letture che spaziano tra ecologia, distopia e filosofia. Le diverse anime dell’artista dialogano alla perfezione: al tempo stesso un abile scultore in grado di lavorare un’antica e complessa tecnica come quella della ceramica raku e un esperto conoscitore di materiali e tecniche altamente tecnologici. Costante è l’attenzione per l’ambiente e un’immaginazione che crea contenuti provenienti dal futuro, con uno sguardo sempre in bilico tra ricerca estetica e suggestione fantascientifica.
Tutte queste componenti troveranno piena sintesi a inizio 2022 quando l’artista sarà in residenza alla NARS Foundation di Brooklyn, dove vorrebbe creare nuove opere nate dall’ibridazione delle sue tecniche: «Questa nuova serie – conclude – vuole mettere in relazione la mia pratica più vecchia legata alla stampa 3D e quella più recente con la ceramica raku. L’idea è quella di creare un’evoluzione della mia produzione in argilla, un’ulteriore contaminazione in cui verranno coinvolti materiali sintetici. Le opere saranno realizzate in parte in ceramica e in parte comprenderanno degli innesti in stampa 3D e resine di vario genere».