“Se Centocelle vale come archetipo e metafora della periferia romana tutta, è proprio per questo: nelle sue sembianze, nella sua fisionomia, nella sua densità illogica, sta a ricordare che la borgata è un’entità urbana intrinsecamente caotica, disordinata, refrattaria a qualsivoglia principio coerentemente urbano – una non-città”, così recita una parte di Delirious Centcolelle, Manifesto retroattivo per la borgatasfera, affisso ai muri negli spazi del MACRO dedicati alla rubrica #Studio Bibliografico. Si tratta di Remoria, mostra realizzata con Valerio Mattioli che sposta nello spazio fisico le parole impresse sull’omonimo libro pubblicato nel 2019 dall’autore: Remoria – la città invertita. “Remoria non esiste – scrive Mattioli – e non è mai esistita, è un’entità residuale di Roma, quella parte del mito di fondazione che, a causa dell’uccisione di Remo da parte del fratello Romolo, continua ad aleggiare nel passato e nel presente della città”. Questa è la premessa per parlare della periferia romana, concepita come l’alter-ego del centro urbano patinato, un negativo in piena regola carico di leggende, riti e aneddoti. Sovvertendo il concetto di centro, si delineano i confini di una non-città fatta di zone che si aggrovigliano intorno al GRA, attorno al quale nel secondo dopoguerra orbitano le borgate come Centocelle, Ostia, San Basilio, Laurentino.
Qui si ergono costruzioni residuali, non-finite, che acquisiscono la dignità architettonica dell’Incompiuto, già riconosciuto come stile a tutti gli effetti in altre regioni, come la Sicilia, grazie ai lavori di mappatura di Alterazioni Video. La cartina geografica della periferia romana è ancora più articolata perché appare come una psicogeografia in cui i racconti si stratificano sugli strati del cemento e il GRA diventa la guida per una deriva. Sarebbe da percorrerla a piedi questa periferia, in un percorso non-lineare, come non lineare si presenta questa non-città. Come facevano i situazionisti: “Per fare una deriva – scriveva Guy Debord – andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso non in base a ciò che sapete, ma in base a ciò che vedete intorno. Dovete essere straniati e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Un modo per agevolarlo è camminare con passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l’alto, in modo da portare al centro del campo visivo l’architettura e lasciare il piano stradale al margine inferiore della vista”.
Ma nella mostra al MACRO non ci sono solo parole, sul fondo della sala una proiezione mostra i negativi realizzati da Akoi 1 di paesaggi che riprendono, attraverso vedute di Google Earth, scorci periferici in cui c’è sempre lui, il GRA, il Sacro Gra, per dirla come Fellini, l’anello di Saturno che circonda Roma. Alle pareti stampato Delirious Centocelle, breve saggio dedicato al quartiere di Centocelle il cui titolo prende il nome da Delirious New York, libro firmato Rem Koolhaas che analizza come la grande mela senza nonostante sia una città architettonicamente non pianificata sia riuscita a plasmare la nostra contemporaneità. Non si può dire lo stesso di Centocelle, nonostante la riqualificazione delle periferie sia oggetto di discussione sempre più acceso negli ultimi anni. Ancora nel percorso della mostra un video, realizzato da VEGA in collaborazione con Michele Zanotti che analizza la città da diversi punti di vista, attraverso scansioni 3D di resti architettonici della Roma antica, materiali di archivi e una proiezione dell’abitante di Remoria nel contesto urbano attuale. Sul piano sonoro, la rassegna è arricchita da campioni trattati di brani di Stefano Tamburini, Lory D, Sick Luke e Noyz Narcos, selezionati da Mattioli e riprodotti contemporaneamente, evocando i rave party descritti nel libro e accompagnando questo viaggio che è un po’ degrado un po’ cultura underground.
Remoria
Realizzata con Valerio Mattioli
Con contributi di Akoi 1 e VEGA con Michele Zanotti
Con interventi di DOM, Claudio Kulesko, Nicola Lagioia, Annalisa Metta
10 febbraio 2022 – 22 maggio 2022
MACRO, Studio Bibliografico