Il Bello: è questo il fil rouge che la nuova rubrica di Inside Art “Il mestiere delle Arti” ha deciso di raccontare.
Per farlo vi porteremo con noi in un viaggio multimediale nel contemporaneo, raccontando gli spazi, i personaggi e i nuovi mestieri che ruotano intorno al mondo dell’ arte.
Si comincia con Orme.

Orme è un nuovo spazio nel cuore della Capitale dedicato all’arte della serigrafia. Creato dall’artista romana Ala d’Amico, che dopo anni in giro per il mondo ha deciso di ritornare nella propria città e creare un laboratorio per la stampa d’autore, Orme è un incubatore di progetti ai confini tra tradizione artigiana e sperimentazione artistica, editore di multipli in edizione limitata. Attraverso collaborazioni con diversi artisti, questo spazio si pone l’obiettivo di dare nuovo vigore e pertinenza al mondo della grafica.
Abbiamo chiesto “come vive” alla fondatrice Ala d’Amico.
Cominciamo dall’inizio e raccontaci che cos’è Orme e come è nato. Perché hai scelto questo nome?
Orme nasce prima di tutto da una necessità: dopo anni fuori sono tornata a Roma ed ero in cerca di un laboratorio di serigrafia dove poter lavorare e stampare. In altre città europee ho sempre trovato un printshop dove potermi appoggiare, senza dover commissionare il lavoro a qualcun’altro. Nonostante abbia molti amici che lavorano con la serigrafia, a Roma mancava un luogo dove potersi ritrovare e lavorare. Ho approfittato di questi due anni di fermo mondiale per progettare, ricercare i macchinari che volevo e dare forma allo spazio.
Trovo che Roma ora sta vivendo un momento speciale: tante persone sono tornate portando con sé un forte desiderio di scambio soprattutto tra gli artisti che hanno creato spazi indipendenti in tutta la città. Una grande spinta e carica vitale la devo ai Bulla che per primi mi hanno incoraggiato ad aprire Orme. Con Beatrice e Flaminia Bulla c’è anche il desiderio di fare lavori a sei mani, creare dialoghi possibili tra la serigrafia e la litografia per esempio.
Il nome Orme mi è sempre piaciuto, qualcosa di così tangibile nonostante sia totalmente effimero e fragile.


Possiamo definirla la tua una factory a tutti gli effetti, un luogo dove si fanno co-creations.
Come selezioni gli artisti?
Orme vuole essere prima di tutto un luogo di scambio e di sperimentazione. Sono arrivata alla serigrafia dalla fotografia. Nonostante ci sia un forte legame, la vita del fotografo e quella dello stampatore sono molto diverse, quasi agli antipodi. All’accademia il dipartimento di fotografia si trovava nel seminterrato, si lavorava quasi al buio o con luce artificiale, si era spesso da soli, distaccati da quello che ti circondava. Quando per curiosità sono andata a visitare il dipartimento di stampa ne sono rimasta totalmente affascinata. Era uno spazio enorme invaso dalla luce, c’era la musica sempre accesa e si lavorava costantemente in gruppo. Il mio professore, Gunars Prande, un giorno mi disse: “Photographers have an ego, printers have secrets.” In qualche modo l’avvicinarsi con l’artigianato ti fa perdere un po’ del senso di possessione e autorialità sull’immagine, ma soprattutto è stato il ritorno alla materia che mi ha fatto appassionare a questa tecnica. Grazie al fatto di non aver seguito un percorso lineare, ho avuto quella libertà che ti distanzia dalla stampa tradizionale, lavorando con materiali non sempre idonei.
La selezione degli artisti è molto naturale, sono spesso amici o amici di amici. Adesso il mio sogno sarebbe quello di organizzare laboratori per bambini.

La location, in via Caetani, è a dir poco suggestiva: è stata teatro di alcuni tra gli accadimenti più importanti del secolo scorso e siamo contigui da una parte al ghetto ebraico e dall’altra alla Roma papalina. Credi che questo possa avere un impatto sull’ispirazione per i tuoi artisti?
Penso che Roma sia speciale per questo, ogni quartiere raccoglie storie e personalità diverse. Dove ci troviamo diciamo che è un epicentro, il ghetto ebraico e la Roma papalina ma anche il ritrovamento di Moro, gli scavi della cripta Balbi… È sicuramente un luogo con mille stratificazioni, tanti segni di momenti storici che si incrociano. È un privilegio poter lavorare immersi in un contesto del genere.

Raccontaci ora della tua ricerca artistica.
Per paura che la continua proliferazione di nuove immagini non facesse altro che annullarle, ho iniziato ad interessarmi alla vita delle immagini già esistenti, studiando le loro possibilità di trasformazione sia formali sia di significato. Quale o come può essere la vita di un’immagine?
Ho trovato nella tecnica della serigrafia il medium adatto per lavorare sul dualismo tra un’immagine scattata e una appropriata, tra il principio di unicum e quello d’immagine singola all’interno di una serie, tra il concetto di possesso e quello di uso. Scoprendo poi anche un rapporto tra materia e immagine.
Nel mio lavoro uso metodi di riproduzione sia analogiche sia digitali, ma anche le immagini stesse provengono spesso da fonti diverse.
Utilizzando libri, soprattutto testi che di funzione sono fonti di processi di conoscenza, il mio interesse è quello di svelare come spesso le immagini che accompagnano il testo trasportano significati nascosti. Messe in comunicazione con altre immagini prese da fonti in contrasto, possono unificarsi e trasmettere un messaggio affine e inaspettato. Il mio lavoro consiste nel forzare combinazioni anacronistiche, alterando il contesto e accettando fallimenti nel processo di registro per dar vita a inaspettate e trascurate qualità.
Come vedi Orme tra 5 anni?
Ho appena aperto, navighiamo a vista!


