Naturalmente artificiale. La mostra dei vincitori di RE:HUMANISM Art Prize

Ridefinire i confini è stato uno degli imperativi di questo 2020. Chiusi nel nostro spazio domestico siamo stati costretti a mettere in discussione le nostre abitudini pre-covid, imparando a costruire nuove relazioni, nuove convivenze, accompagnati dalla tecnologia, croce e delizia con un ruolo sempre più determinante nelle nostre vite.

Sembra quindi più che mai calzante il titolo della mostra RE:DEFINE THE BOUNDARIES, che al MAXXI ospita, fino al 30 maggio, gli artisti di RE:HUMANISM Art Prize, premio dedicato alle relazioni tra l’arte contemporanea e l’Intelligenza Artificiale promosso dall’associazione Re:Humanism, fondata e presieduta da Daniela Cotimbo, curatrice dell’esposizione, e realizzato con il sostegno di Alan Advantage.

Le dieci opere proposte si fanno veicolo, in modi diversi, di temi estremamente attuali quali l’identità e il corpo nell’era dell’Intelligenza artificiale, le nuove modalità di produzione della conoscenza e i cambiamenti introdotti dalla robotica e dal machine learning, la definizione di un approccio antropologico all’IA, la coscienza ecologica e offrono nuove risposte e letture sul nostro futuro immediato. 
La tecnologia, e in particolare l’intelligenza artificiale, è lo strumento utilizzato per indagare una nuova fase della nostra esistenza e diventa mezzo e necessità per scoprire potenzialità inesplorate e orizzonti sconfinati, che ci appaiono oggi sempre più raggiungibili.

All’alba dei trent’anni dalla mostra Post-human, ci troviamo con Re: humanism di fronte a un neologismo diverso, che anziché porre al centro del dibattito il superamento dell’uomo, presenta al pubblico un panorama hi tech fatto di compenetrazioni e coesistenze, un’antropizzazione digitale ben più reale e lontana dalla fantascienza. Non ci sono umanoidi ad attenderci alla porta d’ingresso della mostra, bensì una serie di lavori che con estrema naturalezza hanno integrato al loro interno algoritmi e sistemi avanzati di machine learning.

Sorprende scoprire che il risultato di queste sperimentazioni in realtà non è una finestra spalancata su un futuro prossimo ma costituisce il presente: un odierno fatto di possibilità tangibili che con leggerezza si insinua nelle intercapedini dei processi creativi degli artisti.

In mostra, progetti variegati, che spaziano dall’intimità di un letto disfatto alla pseudo scientificità di un ecosistema acquatico digitale: opere che con un’eleganza formale fino a poco fa aliena a questo terreno digitale, dimostrano la fluidità che oggi ci permette di far dialogare l’arte con la scienza.

Vincitori del concorso gli Entangled Others, duo artistico di base a Berlino, con Beneath the Neural Waves 2.0, che attraverso lo studio della barriera corallina, ricrea un paesaggio sottomarino nel quale convivono specie complesse ricreate attraverso l’utilizzo del deep learning.

Tecnologia e artigianalità si intrecciano in Three Thousand Tigers, progetto vincitore del secondo premio firmato dall’artista bolognese Irene Fenara che, partendo da 3.000 immagini fotografiche di tigri (numero degli esemplari presenti in natura), utilizza un algoritmo generativo che replica la tradizionale tecnica di trama e ordito per realizzare un arazzo in tessuto con l’aiuto di artigiani indiani.

Terza classificata l’installazione The Moving Bedsheet di Yuguang Zhang: un letto disfatto in cui le lenzuola si muovono in modo impercettibile, riproducendo grazie ai dati forniti dall’artista all’intelligenza artificiale, i movimenti dell’autore durante il sonno.

E ancora esposti i restanti finalisti, il collettivo Umanesimo Artificiale, che con ABCD1 traspone in ambito scultoreo le caratteristiche di una mutazione del DNA legate a una malattia genetica, Johanna Bruckner che con il video Molecular sex esplora il mondo gender fluid attraverso gli approcci sessuali di un robot. E ancora l’urbanistica umanizzata di Elizabeth Christoforetti e Romy El Sayah, le sperimentazioni di Egor Kraft che parte dall’antica pittura cinese a inchiostro per realizzare linguaggi visivi inediti. Sulla stessa scia, il lavoro di Mariagrazia Pontorno, che prende le mosse da un antico manoscritto del XV secolo in una lingua sconosciuta e si propone di tradurre il codice, utilizzando il machine learning e l’intelligenza artificiale, ma vincolandone il risultato.

In fondo alla sala del Maxxi, troviamo esposta l’opera del collettivo Numero Cromatico, che con Epitaphs for the human artist riprende la forma letteraria dell’epitaffio per decretare la morte dell’artista umano. Infine, se ancora non vi siete convinti ad andare a visitare la mostra c’è l’opera di Carola Bonfili che ci fa fare un volo nell’universo del videogame per raccontare uno spin off del gioco. Protagonista una creatura ibrida che si muove in paesaggi legati a opere letterarie rivisitate con un effetto straniante e disturbante.

Mostra Vincitori RE:HUMANISM ART PRIZE, Installation view
Mostra Vincitori RE:HUMANISM ART PRIZE, Installation view, Photo by Sebastiano Luciano; photo courtesy
Re:Humanism.
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Re:Humanism.
Mostra Vincitori RE:HUMANISM ART PRIZE, Installation view, Photo by Sebastiano Luciano; photo courtesy
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