L’architetto delle luci

Roma

Prosegue, nelle sale espositive di Palazzo Caffarelli – Musei Capitolini, la mostra curata da Maria Cristina Bandera Il tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi. Una mostra che ha richiesto una sapiente progettazione dell’illuminazione, fondamentale per la fruizione dei lavori di Caravaggio. L’architetto delle luci dell’esposizione, allestita fino al 13 settembre 2020, è Francesco Murano, tra i più richiesti progettisti italiani d’illuminazione al servizio dell’arte, autore delle luci delle più importanti esposizioni in Italia. A Roma aveva precedentemente curato anche le luci della mostra Canova. Eterna bellezza a Palazzo Braschi e Impressionisti segreti a Palazzo Bonaparte.  

Per questi caravaggeschi l’artista/architetto delle luci, come è stato definito nel settore, ha scelto di illuminare le opere con una luce calda, circoscritta ai dipinti. Sebbene lui, in generale, preferisca sorgenti led perché di lunga durata, in questo caso ha puntato su lampadine dicroiche ad incandescenza, le uniche che potevano essere impiegate sugli apparecchi presenti al Museo. Un allestimento non semplice perché con i dipinti ad olio e le tonalità scure i riflessi sono sempre in agguato. 

«L’opera che ha richiesto più lavoro – dichiara Francesco Murano – è stata il Ragazzo morso da un ramarro, sia per importanza del dipinto che per la difficoltà di illuminare senza riflessi una pittura ad olio su tela. In questo caso sono stati utilizzati due apparecchi speciali, detti sagomatori, impiegati per riquadrare l’opera e l’intorno con temperatura di colore differente; un apparecchio a luce calda per il dipinto ed uno a luce fredda per la parete sulla quale l’opera stessa è stata collocata. Questa tecnica, molto particolare, permette di esaltare la cromia dei dipinti». 

Per l’apertura della mostra i lavori sono stati effettuati durante il recente lockdown. Questo ha comportato un’organizzazione straordinaria, a distanza, mai realizzata finora. «I miei collaboratori, Doddo Arnaldi e Maurizio Gigante, hanno lavorato da Roma mentre li monitoravo sul computer da Como e solo dopo la riapertura delle frontiere regionali ho potuto perfezionare personalmente le luci ed illuminare direttamente il Caravaggio – spiega Murano -. Devo però dire che la pluridecennale frequentazione maturata con i miei collaboratori ha permesso di risolvere anche a distanza i problemi che si presentavano di volta in volta, e comunque, prima dell’apertura della mostra, ho ricontrollato sul posto tutte le luci ed eseguito personalmente i puntamenti sull’opera del Caravaggio».