PhEST. See Beyond the Sea

Monopoli

Si è conclusa la scorso 3 novembre la quarta edizione di PhEST. See Beyond the sea, il festival internazionale di fotografia e arte che dal 6 settembre ha arricchito la proposta culturale della città di Monopoli. Anche quest’anno la rassegna, diretta da Giovanni Troilo e curata da Arianna Rinaldo, ha confermato il suo taglio di ricerca e approfondimento sull’attualità, proponendo ”Religione e Miti” come tema centrale. L’itinerario presentato da PhEST percorre il solito binario transnazionale dagli esiti multiformi, una traiettoria che scava nel profondo e oltrepassa frontiere anche culturali, mescolando esperienze che riesce di volta in volta a presentare con il sempre invitante sottofondo musicale del caldo mare pugliese.

PhEST numero quattro è innanzitutto conferma di un format radicato sul territorio del centro storico di Monopoli, base stabile di un vero e proprio osservatorio su cultura e società allestito in questi anni, con le ormai consolidate e affascinanti location di Palazzo Palmieri, del Castello Carlo V, della Muraglia di Porta Vecchia, tessere di un mosaico che ogni anno trova nuova linfa in una sempre rinnovata proposta fotografica, testimone di una ricerca puntuale e sapientemente diversificata sul contemporaneo: circa cinquanta tra artisti e fotografi, grandi nomi e giovani promettenti, che hanno trovato in PhEST spazio di espressione attraverso mostre, residenze artistiche, workshop, lecture, incontri e proiezioni. È anche conferma della funzionalità di un sistema di relazioni e collaborazioni sempre implementato e che ha visto negli anni la partecipazione e il sostegno di istituzioni pubbliche, sponsor privati, locali e nazionali, oltre che il fondamentale apporto di associazioni e cosiddetti volontari della cultura.

Quest’anno il racconto è stato affidato a sedici mostre – più un progetto su Instagram che ha riscosso grande partecipazione e che posiziona il festival su un binario sempre più social – che, come si è detto, hanno trattato da postazioni sensibilmente diverse tra di loro il non sempre facile rapporto dell’uomo con la religione, i miti e la spiritualità in ogni sua forma. Seeing Mary, viaggio tra i culti di Maria in collaborazione con National Geographic, e Atheism Museum, interessante ricostruzione storica curata da Luçjan Bedeni, direttore del Museo Nazionale di Fotografia Marubi, in Albania, sono stati i progetti speciali affiancati alle quattordici monografiche sparse tra i già citati Palazzo Palmieri, Castello Carlo V e Muraglia di Porta Vecchia, insieme alla Chiesa di S. Salvatore, il Porto Vecchio e il Lungomare S. Maria. Progetti che non si limitavano ad occupare pareti di luoghi chiusi, ma che si sono innestati tra le maglie calde del centro storico monopolitano, come nel caso de La Maya di Daniel Ochoa de Olza al Porto Vecchio, una serie di ritratti a bambine simbolo di una tradizione popolare dell’entroterra madrileno; Terra di Santi di Sanne De Wilde sulla Muraglia della Porta Vecchia e delle appendici calpestabili sul Lungomare S. Maria del progetto di Julia Krahn 33MM-Maria Maddalena, ospitato a Palazzo Palmieri. Una teoria della religione in età contemporanea dispiegata e completata dalle mostre di Giulia Bianchi (Women Priests Project), Alinka Echeverrìa (A Road to Tepeyac), Alessandro Gandolfi (Immortality, Inc.), Piero Percoco (#searchgodinthings), Michela Benaglia (Il Selvaggio, il Folle e l’Orso), Jesse Rieser (Christmas in America: Happy Birthday Jesus), Norman Behrendt (Brave New Turkey), Boglàrka Eva Zellei (Furnishing the Sacred), Liza Ambrossio (The Rage of Devotion), Roei Greenberg (Along the Break) e Richard Silver (Vertical Churches).

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