Joint is Out of Time

Forse è troppo presto per stabilire se Time is Out of Joint, inaugurata 2016 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, meriti di passare alla storia come la mostra che ha cambiato qualcosa nella storia delle mostre. Di sicuro è arrivata al momento giusto e nello spazio giusto, facendosi carico, senza paura, di una serie di dubbi storici e questioni estetiche sull’immagine, sulla fruizione e sulla stratificazione temporale che caratterizza il nostro secolo, stravolgendo senza compromessi l’allestimento della galleria. «Una piccola rivoluzione dello sguardo», come l’ha definita la direttrice. Eppure oggi le sale sembrano essere state sempre così e, libere da ogni vincolo cronologico, lasciano al pubblico il tempo e lo spazio per guardare, capire e interpretare le opere.

È nello stesso contesto e sulla stessa scia dell’evento che tre anni fa ha segnato la nuova guida della direttrice Cristiana Collu, che viene presentata il 21 gennaio Joint is Out of Time, una mostra che con un inversione di titolo preannuncia la stessa volontà di ragionare sul tempo, il nostro. Un tempo disarticolato, privo di cardini, nel quale gli artisti, a volte con fatica, a volte con successo, provano a lasciare un’impronta accanto a quella di chi tempo fa ha percorso le stesse strade. La nuova esposizione, curata da Saretto Cincinelli e Bettina Della Casa, presenta in galleria i lavori di sette artisti contemporanei di provenienza internazionale e di età diversa: Elena Damiani, Fernanda Fregateiro, Francesco Gennari, Roni Horn, Giulio Paolini, Davide Rivalta e Jan Vercruysse. Disseminate nelle sale, le opere delineano una nuova costellazione che si innesta nell’universo atemporale della precedente, creando dialoghi inediti e inedite connessioni. La principale novità consiste nella collaborazione tra gli artisti invitati, alcuni dei quali, come Damiani, Paolini e Fregateiro, hanno realizzato opere ad hoc per gli spazi espositivi della galleria. «Si è trattato di trovare il ritmo giusto – spiega la curatrice – Abbiamo prima cercato di capire come intervenire, siamo entrati negli spazi senza essere prepotenti».

Così, discretamente, si insinua l’opera di Paolini, che apre con un sipario di linee prospettiche il Salone dell’Ercole. In dialogo con i 32 metri quadrati di mare circa di Pino Pascali c’è l’opera di Fregateiro, che con le sue geometrie astratte omaggia il Bauhaus nell’anno del suo centenario. Interessanti le riflessioni di Damiani e Gennari sulla materia, inconfondibili i lavori di Roni Horn, che si concentra sul binomio identità e differenza. La discrezione, tuttavia, in alcuni casi sacrifica alcune delle opere in mostra. «Più che una mostra – spiega Paolini – è un tentativo spericolato di commistione di elementi che concorrono a far esplodere una dimensione. Tuttavia non è un coro, ma un monologo». Alcune voci, però, vengono a mancare. Forse per troppa prudenza, la mostra vive ancora nel riflesso del suo inverso. Del coraggio di Time is out of Joint restano i leoni di Rivalta, ormai guardiani indiscussi del museo. Ce ne sono cinque nuovi, ma pure loro, questa volta, guardano il museo da lontano. 

Fino al 2 giugno, Info: lagallerianazionale.com/mostra/joint-is-out-of-time

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