I corpi di Giorgio Celin

Colombiano di origine ma naturalizzato italiano, in una società che viaggia alla velocità della luce e che ”fa di tutta l’erba un fascio”, Giorgio Celin è un pittore che si prende il tempo per riflettere sull’identità, sul particolare, sull’inconsueto e l’intimo. Il 9 novembre l’artista presenta la sua personale Kανών a Fondamenta, lo spazio espositivo romano di Inside Art. Una mostra che ha come protagonista il corpo, un corpo affrancato da canoni estetici o di genere, liberato da stereotipi fisici e morali, che diventa uno strumento di riflessione e invita l’osservatore a una partecipazione empatica, in equilibrio tra dimensione private e pubblica denuncia.

Raccontami come nasce Kανών?
«L’idea di questa serie nasce dall’ispirazione di due momenti precisi. Il primo è quando ho visto le performance e le foto di Lorenza Böttner, un’artista cileno-tedesca, transessuale, che ha perso entrambe le braccia in seguito ad un incidente e che per tutta la vita ha affrontato tematiche politiche e sessuali. C’è una profondità travolgente nel modo in cui comunica attraverso il suo corpo e nel modo in cui esplora la sessualità: un’idea di genere fluido, che in quel periodo era totalmente tabù. Mi ha colpito particolarmente quando in un’intervista Lorenza racconta di aver fatto richiesta per un cambio di sesso, ma di aver poi cambiato idea perché aveva capito che stava affrontando quell’operazione per far stare meglio gli altri e non se stessa. Il fatto che volesse vestire abiti femminili o che avesse un’idea di genere più libera, non doveva obbligarla a incasellarsi in un altro sesso per assecondare il mondo intorno a sé, che non la accettava per come era. Questa per me è una scelta coraggiosissima, all’avanguardia. Osservandola ho iniziato a fare degli schizzi, l’ho disegnata molto. Lei era una trasformista, passava nelle foto da ragazzo rude con la barba, a femme fatale truccatissima. Ho iniziato così a prendere spunto dalle sua opere più esplicite, legate al mondo queer. L’altro momento importante è stato circa 6 anni, quando conobbi un critico d’arte, mio professore, e lo inviati a vedere i miei lavori. Mi disse che i quadri non erano male, ma che erano troppo espliciti e mi consigliò di abbandonare i soggetti transessuali. Io ovviamente, essendo lui un esperto, mi fidai e accantonai il progetto, ma negli anni continuavo a sentire il richiamo di quelle tele. Ho iniziato così nuovamente a ragionare sul genere, non ho ripreso i vecchi lavori, ma ne ho realizzati di nuovi, perché con il passare del tempo ho maturato una tecnica più complessa e sentivo la necessità di dare allo stesso argomento una vita nuova. Nasce così questo ciclo».

È un progetto concluso?
«Io ragiono per progetto, Kανών è concluso. Inizia una nuova fase alla quale sto già lavorando. Dopo ogni progetto voglio dimenticarmi di quello che ho fatto, voglio cambiare stile e dipingere in maniera differente. Molti hanno criticato questa scelta, sostenendo che così non avrei dato una riconoscibilità al mio lavoro, ma a me non interessa il branding. A me interessa andare avanti, trovare nuovi stimoli e nuovi modi di esprimerli. Oltretutto, avendo scelto di fare pittura, che è un medium cosi liquido e versatile, perché limitarmi a un unico stile? Io voglio sperimentare».

A questo proposito, perché la pittura? Secondo te è una scelta coraggiosa per un artista giovane?
«Probabilmente sì, è una scelta coraggiosa, perché negli ultimi anni la pittura non è certo stata la protagonista del panorama contemporaneo, ma proprio per questo per me non ha perso il suo mordente. Rimanendo più di nicchia probabilmente oggi, almeno per me, ha più fascino. In arte spesso accade che ci siano morti e rinascite e secondo me oggi la pittura è viva e vegeta. Certo, è molto difficile occuparsi di pittura in Italia, si viene giudicati, soprattutto se si è giovani, ma io sono convinto che vivendo nella società dell’immagine la pittura si stia riscattando».

Dipingi a olio su tela, la tua tecnica si avvicina al divisionismo, come nasce questo stile?
«Io sono un grande appassionato di Van Gogh e la cosa che mi fa impazzire del maestro, sono i suoi disegni ad inchiostro dell’ultimo periodo. Sono lavori composti da una miriade di segni, all’apparenza disordinati, ma che osservati da lontano creano una texture affascinante. L’effetto mi ha attratto e ho cercato di fare mia quella tecnica. La pittura figurativa multi strato, ricca di chiaro scuri mi annoia. Ho voluto asciugare il più possibile il processo di realizzazione dell’opera e vorrei continuare su questa strada, in modo da ritrarre sempre più soggetti con il minor numero di segni possibili, dando spazio alla spontaneità del gesto».

Hai detto che ti piace sperimentare, che il tuo stile evolve e si adatta di volta in volta al progetto del momento. Qual’è la peculiarità stilistica di Kανών?
«La scoperta di questa serie sono sicuramente i colori. Nei lavori precedenti ho utilizzato tinte molto scure, in Kανών invece i colori sono più chiari, leggeri, delicati, probabilmente più adatti a descrivere l’argomento. Il segno grafico spezzato mi aiuta a inserire il colore, che diventa un vortice, un movimento circolare e omogeneo di forme e colori».

Progetti per il futuro?
«Ne ho diversi. Innanzitutto vorrei allontanarmi un po’ da Roma, respirare aria nuova. Mi sto muovendo per ottenere delle residenze, spero di tonare in Colombia perché il mio prossimo progetto tratterà di emigrazione. Un doppio movimento, dall’Italia al Sud America e ritorno, che poi è la storia della mia famiglia: mio padre è figlio di italiani emigrati in Colombia, mia madre con me e mia sorella ancora piccoli è poi tornata in Italia. È un progetto al quale sono intimamente legato, come lo sono al Sud America e trattando di spostamenti mi piacerebbe realizzare questa serie fuori dai confini italiani».

Come racconteresti il tuo legame con la Colombia?
«Io sono tornato varie volte in Colombia, è un paese molto complesso in cui vivere, con realtà pericolose, anche se ora la situazione sta migliorando. In parte è anche questa complessità a renderla un paese interessante e carico di stimoli. Oltretutto stanno nascendo nuovi progetti anche legati all’arte, c’è un grande fermento e mi piacerebbe prenderne parte. È un paese in cui l’arte ha avuto meno spazio rispetto all’Europa, le voci sono meno e forse c’è più da dire. Dato il periodo mi piacerebbe tornare».

In Kανών il protagonista è il corpo, in questo ciclo di opere tu scardini il concetto di bellezza stereotipata e fai una riflessione sul genere, sulla sessualità in maniera delicata ma esplicita. Sono argomenti che si legano in particolare a questo progetto o fanno parte della tua ricerca in una visione più ampia?
«Fanno sicuramente parte di una mia visione estetica generale. Io sono un appassionato della tematica queer. Il mio artista preferito è Egon Schiele che per l’epoca realizzava opere molto esplicite legate alla sensualità. Per me, soprattutto in pittura, la scelta del soggetto è fondamentale, si può avere più o meno forza stilistica, ma credo che la cosa imprescindibile sia impegnarsi nel voler dire qualcosa. Per me queste tematiche al giorno d’oggi sono fondamentali, come percepiamo il nostro corpo all’interno di una società in cui la bellezza è stereotipata mi interessa molto. Credo in un certo senso che la pittura abbia il dovere di dare spazio anche a quella fetta di società che viene esclusa dalla rappresentazione perché non percepita come adeguata. Al giorno d’oggi si cerca di abbellire tutto, io invece cerco la schiettezza, voglio che i mie soggetti siano sinceri».

Kανών
Dal 9 al 30 novembre
Vernissage venerdì 9 novemre ore 18.30
Fondamenta Gallery, via Arnaldo Fraccaroli (angolo via Guglielmo Stefani) Roma

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