È un museo completamente diverso, rinnovato, quello che ha inaugurato il 30 settembre in via Nizza. Un museo aperto a tutti che si propone di parlare a tutti, rivolgendosi alla città e ai suoi cittadini. All’inaugurazione tanta gente che cerca di orientarsi nelle sale di un Macro che guarda al presente, a quello che c’è intorno. Non tutto è perfetto ma si respira aria fresca. Qualcosa bolle in pentola e il museo è vivo. Finalmente.
Intervista a cura di Chiara Pace
Il primo ottobre il Museo d’Arte Contemporanea di Roma, il Macro di via Nizza, apre le porte nella formula Macro Asilo, un ”museo ospitale, un dispositivo relazionale e multidisciplinare”, come annuncia il sito. «Per spiegare nel dettaglio questo progetto ci vorrebbero più di due ore», dice il direttore Giorgio de Finis, l’inventore di musei, come si auto definisce, quando lo invitiamo a raccontarci in cosa consiste il nuovo corso del museo. Noi ci proviamo in pochi minuti.
Cosa ci dobbiamo aspettare dal nuovo Macro?
«Presentiamo il Macro Asilo alla città il 30 settembre con una festa; in quell’occasione l’ospite d’onore è Michelangelo Pistoletto, un artista straordinario con cui ho l’onore di lavorare da anni e che ha realizzato per il progetto un grande tavolo – opera destinata alla stanza dei forum. Seguiranno quattro ore di performance musicali. Abbiamo ripensato tutti gli spazi per rendere il museo una casa, una piazza. Un luogo che accoglierà tutti coloro che avranno qualcosa di interessante da dire o da fare qui dentro. E al tempo stesso Macro Asilo diventerà un pezzo di città: abbiamo eliminato il biglietto e i due cancelli di ingresso saranno sempre aperti. Si potrà entrare al museo anche solo per ripararsi dalla pioggia. Non ci saranno più le mostre, ma tante “stanze”, ognuna con il proprio calendario».
In cosa consiste il nuovo programma?
«Un palinsesto con oltre venti appuntamenti al giorno, sempre diversi, un programma che varierà mese per mese. Il nuovo Macro, come dicevo, non ospiterà più esposizioni, ma un ricchissimo calendario di eventi e attività. Ci sono gli artisti che lavorano live nei quattro atelier, sedici artisti al mese per un totale di circa duecentocinquanta nei quindici mesi complessivi. Tre stanze per i dispositivi relazionali e partecipati (l’artista è invitato a realizzare una stanza che è anche un’opera d’arte e un programma). Poi ci saranno performance, convegni, lectio magistralis con importanti ospiti stranieri. E ancora una stanza dedicata alle “parole” che ripensa il dizionario del contemporaneo, cento parole declinate in dieci incontri per ognuna, una stanza di lettura per la presentazione dei libri, e una grande sala dedicata a Rome, nome plurale di città, una sorta di auto mappatura degli spazi che operano in città, che qui invitiamo ad incontrarsi de visu».
Chi sono gli artisti che parteciperanno al progetto?
«Il Macro Asilo ha una vocazione internazionale: portare grandi nomi dall’estero significa restare in contatto con il mondo, ma anche portare il mondo a vedere cosa sta succedendo a Roma. È evidente, però, che si verrà costituendo un gruppo di artisti romani che con la loro presenza quotidiana darà forma e contenuti al nuovo dispositivo museale. Ce ne saranno decine ogni giorno. Questo progetto si propone di costruire una nuova alleanza tra la città e l’arte, gli artisti e la società. L’arte può aiutarci a immaginare e realizzare un mondo migliore».
Per questo progetto si è ispirato a qualche altro museo?
«Penso che sia un progetto che muove dalle necessità che ha Roma e dalle esperienze che ho fatto sul campo: il Maam, il Dif (il Museo diffuso di Formello), il progetto per il Corviale Capitolino. Macro Asilo deve molto al Maam; anch’esso è fondato sulla logica del “dono”, sulla presa in carico dello spazio comune, sulla responsabilità, e dunque sull’autocandidatura. Il Macro Asilo sospende le regole del gioco del mondo “adulto”, quello del sistema dell’arte, del mercato, della competizione, per proporsi come spazio collaborativo, multidisciplinare, aperto».
Un progetto ambizioso.
«Molto ambizioso, tenendo conto anche del fatto che abbiamo risorse pressoché inesistenti. Non c’è mai stato un museo così, scopriremo se siamo sulla buona strada dal primo ottobre in poi. Anche io sono curioso di vedere se funzionerà. Non sono qui come direttore ma come inventore di musei. Ho progettato un dispositivo nuovo che è fatto ad hoc per questo spazio e per questo tempo, che ho scelto della durata di quindici mesi. Non amo i format, e anche se dovesse risultare vincente è bene che abbia vita breve, altrimenti rischia di irrigidirsi e perdere vitalità. Sarà quello che apprenderemo dall’esperienza del Macro Asilo a indicarci la strada per le prossime sperimentazioni. Quello che è chiaro è che per me questo è un progetto urbano, per la città, con una forte vocazione politica (nel senso della polis). L’insegnamento del Macro Asilo può andare ben oltre il museo e il mondo della cultura strictu sensu».
L’intervista è pubblicata su Inside Art 114