Take me (I’m yours)

Più che un semplice titolo, un vero e proprio invito. Take me (I’m yours), inaugurata il 31 maggio a Villa Medici è l’ultima versione di un format espositivo nato negli anni Novanta a Londra, grazie all’estro di Christian Boltanski e Hans Ulrich Obrist. Oggi, grazie anche al contributo della curatrice Chiara Parisi, dai quaranta artisti della mostra del 1995, il progetto è cresciuto fino a comprendere 89 elementi: tra questi, anche i pensionnaires dell’Accademia di Francia le cui opere dialogano con quelle di nomi del calibro di Yoko Ono, Maurizio Cattelan e Luigi Ontani.

Il principio alla base di questa esposizione collettiva, la più grande nella storia di Villa Medici, è la generosità dell’artista nei confronti del pubblico, che diventa parte attiva del processo creativo. Se, di norma, non ci non si avvicina, non si tocca e, naturalmente, non si porta via un’opera d’arte, in Take me (I’m yours) ogni regola è completamente ribaltata e ogni divieto diventa possibilità. Oltre alle consuete indicazioni di autore e materiali, ogni didascalia dà al fruitore le indicazioni su come interagire correttamente con l’opera: Prendere, Navigare, Partecipare, Dipingere. Superato l’impasse iniziale, la visita diventa un gioco coinvolgente e stimolante, un’occasione per il pubblico per riflettere su tematiche fondamentali in maniera esperienziale.

«In un contesto storico sempre più chiuso nei nazionalismi e in cui le peculiarità degli stati sono sfumate nella globalizzazione – spiega Ulrich Obrist – la risposta dell’arte è nella mondialité, un’apertura dei confini che non compromette l’individualità». Un forte messaggio politico reso indelebile dalla sconfinata fantasia con cui gli artisti hanno interpretato il tema. Lontani da una concezione dell’arte come proprietà privata o oggetto sacro, molti di questi giovani (e meno giovani) hanno lavorato sulla produzione in serie, dando nuovo impulso alla riflessione primo-novecentesca dell’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Dal biglietto d’artista di Diego Perrone, che finisce necessariamente nelle mani di ogni spettatore, all’installazione work in progress Costruttori associati non qualificati di Marc Leschelier (un invito a costruire un muro con calce e mattoni) fino alle spille di Gilbert & George con gli slogan di The Banners, ognuna delle opere esposte è sottoposta a un potenziale processo di mutamento.

La loro persistenza nello spazio museale è affidata interamente al pubblico che è autorizzato a portare via o a trasformare gli oggetti che incontra, ma anche responsabilizzato nei confronti di chi verrà dopo. Provocatoriamente, infatti, la data di fine della mostra è fissata fino all’esaurimento delle opere. Dopo il grande successo di Londra, Parigi e Milano, anche Roma ha la possibilità di vivere l’esperienza di Take Me (I’m Yours), un’esplosione di arte che dalle sale di Villa Medici si espande in ogni strada e in ogni casa della capitale, andando a fondersi con la vita e il futuro dei suoi abitanti. La mostra curata da Boltanski, Obrist e Parisi è, infine, un’occasione per scoprire in maniera inedita anche gli angoli nascosti della grandiosa residenza medicea. Il percorso porta ad avventurarsi nei sotterranei, nelle Gallerie dei Cavalli, nelle cisterne, nell’Atelier Balthus e nel giardino, dove è allestito lo Speaker’s Corner, un vero e proprio megafono per la città di Roma.

Accademia di Francia a Roma Villa Medici, viale della Trinità dei Monti 1, Roma; info www.villamedici.it

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