L’universo di F CK

Roma

Flavio Kampah Campagna, in arte F CK, è un designer, regista, pittore, illustratore e street artist che ha vissuto e dato sfogo alla sua creatività in luoghi sparsi per il mondo. A Los Angeles negli anni ’90 è stato uno dei pionieri della motion graphics televisiva e della tecnologia video. Ora lavora a tempo pieno come stencil artist e la sua ultima ricerca, che indaga l’universo e il futuro, sarà presentata negli spazi di Fondamenta dal 14 al 29 giugno, con la mostra Fanta(co)scienza.

Come nasce e si sviluppa il progetto Fanta(co)scienza?
«Sono arrivato a Roma a dicembre 2017, invitato dal Museo di Urban Art di Roma (Muro) a realizzare una parete per Anas sul grande raccordo anulare. Ricevuta un’altra commissione, ho deciso di fermarmi nella Capitale ancora un po’. A fine anno ho incontrato Massimo Rizzuto, fondatore di Manto design, conosciuto in Sicilia mentre entrambi dipingevamo murales per il comune di Petrosino, che mi ha offerto uno spazio per poter lavorare alle mie opere. Lì non solo ho trovato gli spazi adeguati, ma anche un’atmosfera familiare, di amicizia e di rispetto professionale che mi hanno ispirato e che hanno contribuito alla creazione di una nuova serie di opere. Mi sono imbattuto in alcuni pannelli segnati del tempo, arrugginiti, ed io, nelle texture di quella ruggine, ho visto lo spazio siderale, ho immaginato comete, universi e buchi neri».

E come li hai trasformati in opere?
«Ho deciso di riportarli alla vita e sono nate così una decina di opere, un metro per due, che saranno esposte a Fondamenta. L’ispirazione principale è stata quella dell’universo, ma non volevo limitarmi al tema della fantascienza cinematografica, così ho deciso di utilizzare un termine che mi girava in testa già da diversi anni: Fanta(co)scienza, un gioco di parole tra fantasia, scienza, fantascienza e coscienza. Tutti concetti che bene interpretano la mia ricerca che vuole trasmettere uno stimolo a migliorare le cose per il futuro. Nelle opere di Fanta(co)scienza, infatti, non ci sono solo riferimenti cinematografici (2001 Odissea nello Spazio, o L’Uomo che cadde sulla Terra), ma ho tratto ispirazione anche da personaggi visionari come Stephen Hawking o Elon Musk di Tesla. Uomini i cui concetti avanguardistici possono essere in un certo senso considerati quasi fantascientifici, ma che coinvolgono il futuro dell’umanità».

L’uso che fai degli stencil e del lettering risale al tuo background di grafico pubblicitario?
«Sì, e poi è anche una pratica utilizzata da molti anni nella street art. Per me lo stencil è un modo di sezionare la realtà, di raffigurarla attraverso le sue scomposizioni. Un altro aspetto per me molto importante sono i layers, la stratificazione, non per niente in alcune delle mie ultime opere ho voluto sottolineare questa sovrapposizione separando i livelli degli stencil con strati di plexiglass, così le opere hanno assunto un carattere tridimensionale. Anche il lettering mi è sempre appartenuto, un sentore tipografico che nelle opere diventa quasi simbolico. Spesso non è necessario che le parole siano leggibili, sono i caratteri stessi che per me diventano importanti, le forme geometriche, gli spazi e i vuoti che creano».

In cosa si differenziano le opere di Fanta(co)scienza rispetto a quelle precedenti?
La vicinanza di Manto, con Massimo Rizzuto e Antonio Sasso, esperti di interior design, mi ha dato la possibilità di evolvere dal punto di vista tecnico. A Roma ho trovato lo spazio e le persone che mi hanno consentito di spingere più in là la mia ricerca. Ho utilizzato le luci a Led, il plexiglass, le resine epossidiche, tutta una serie di sperimentazioni che hanno portato il mio linguaggio e la mia ricerca a un livello successivo».

All’inizio della tua carriera di artista hai ritratto soprattutto soggetti legati alla politica, ora parli di universo e suggerisci una visione positiva del futuro. Cos’è cambiato?
«Sono cresciuto negli anni del boom economico italiano, quando sono nati concetti importanti come quello di ecologia, in un periodo in cui avevamo tutti grandi speranze verso il futuro. Ma qualcosa è andato storto. Sono convinto che adesso il mondo debba cambiare, ci vorrebbero delle figure visionare, illuminate, che prendano in mano la situazione a livello globale, per dare speranza e promuovere il cambiamento. Questo è quello che mi auguro, che cerco di rappresentare e che influenza la mia ultima ricerca artistica».

A proposito di ricerca artistica, qual è stata la molla che ti ha spinto e decidere di dedicarti esclusivamente agli stencil?
«Cerco di portare nelle mie opere tutta l’esperienza che ho fatto negli altri campi, soprattutto nel mondo della cinematografia, del montaggio e della grafica. Le mie opere hanno potuto prendere vita grazie a quelle esperienze. È nata in me l’esigenza di creare qualcosa senza essere influenzato da nessuno, volevo essere indipendente. Quando lavori in pubblicità sei comunque al servizio delle idee altrui, hai la parte creativa, questo sì, ma devi pur sempre sottostare a determinate richieste. Nel mondo di oggi penso che il ruolo dell’artista invece sia uno dei pochi che consente di dire realmente quello che si vuole».

All’interno della tua carriera di artista la mostra Fanta(co)scienza che punto rappresenta?
«Questa mostra segna un punto fondamentale nella mia carriera, sento che nel mio spostarmi continuamente ho finalmente trovato uno spazio dove fermarmi per un po’ e concentrarmi su questa nuova ricerca. Ho potuto sviluppare delle opere di grandi dimensioni, utilizzando nuovi materiali, come non mi era mai stato permesso fino ad ora».

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