De Prospectiva Pingendi

”Nei tempi moderni la pittura è la più sfrenata di tutte le arti. Liberata dai vincoli di compiti ufficiali per i quali essa creava, liberata dai temi obbligati che le venivano offerti e creando solo per sé o per l’anonimità dell’Esposizione, essa è minacciata dalla casualità”. Questa dichiarazione di Hans Sedlmayr inaugura il quinto capitolo – Il caos scatenato – di uno dei suoi libri più importanti, Perdita del centro (1948). Si tratta di una sentenza che potrebbe essere senza particolari difficoltà emessa nei confronti della pittura contemporanea. Dichiarata morta innumerevoli volte, la pittura dimostra di non aver ancora bisogno di resuscitare, né di risvegliarsi da un coma che è prognosi fin troppo frettolosa. Basta andare per fiere per constatare la buona salute di cui gode, quantomeno in termini di presenze. Sì, le fiere, perché è e sarà sempre il mercato a ritmare l’elettrocardiogramma dell’arte. E anche nei group show delle gallerie dominanti (almeno in Italia) e dei più attivi spazi espositivi le opere pittoriche trovano sempre o quasi un’ampia collocazione. Di sicuro questioni tecniche e di comodità come la facilità dei trasporti (nella maggior parte dei casi), degli allestimenti e, ancora una volta, la vendibilità maggiore sono tra le ragioni principali della resistenza della pittura nell’epoca del post-internet e dell’hyper-technicality, ma è pur vero che in Italia persiste un attaccamento/devozione al medium pittorico che è conseguenza diretta e riflesso involontario di una struttura cromosomica determinata, comunque permeabile a ogni sorta di sperimentazione. Da qui, un ”caos scatenato” che assume di volta in volta forme di racconto differenti a seconda delle latitudini e delle predilezioni, e che disegna delle traiettorie ormai da tempo ribelli all’incasellamento in tendenze e movimenti ufficialmente riconosciuti.

A Todi, visitabile fino all’1 luglio, è allestita una proposta di ricognizione, o meglio, di inquadramento di una parte delle esperienze pittoriche italiane contemporanee. De prospectiva pingendi è il titolo della mostra curata da Massimo Mattioli, una selezione di quindici artisti che occupano due piani del suggestivo Palazzo del Vignola e la bellissima Sala delle Pietre dei Palazzi Comunali. La scelta del titolo, al di là della strategia comunque affascinante di chiamare oggi, nel 2018, Piero Della Francesca a testimoniare sulla vitalità della pittura, appare come una dichiarazione d’intenti rispetto a una volontà forte di richiamare l’attenzione sull’importanza di quella forma espressiva e, soprattutto, di dare una cornice resistente all’interno della quale si può scatenare il caosmotico della pittura contemporanea. L’allestimento è caratterizzato dalla successione e dalla convivenza di lavori tra di loro diversi per tecnica, uso di materiali, dimensioni e tematiche affrontate. Dalle note esplosioni di materia su base figurativa classica di Nicola Samorì, al contro-racconto di Thomas Braida (Le atrocità di San Giorgio e compagna, 2012); dalle forme illusorie di Marco Neri, agli esiti pittorici di una ricerca soprattutto antropologica di Angelo Bellobono; dalle distorsioni cromatiche e spaziali di Gioacchino Pontrelli alle ibridazioni iperrealistiche Nicola Verlato, De prospectiva pingendi fornisce, da una postazione comunque laterale rispetto al sistema riconosciuto dell’arte contemporanea italiana – probabilmente la vera forza di questo tipo di mostre – una preziosa occasione di tornare a guardare alla pittura come a un qualcosa di vitale, e soprattutto alla mostra come uno spazio mobile di messa in questione, anche attraverso un impianto tradizionale, delle strutture interne all’arte stessa.

Gli artisti in mostra: Giuseppe Adamo, Antonio Bardino, Angelo Bellobono, Simone Berti, Thomas Braida, Danilo Buccella, Alessandro Cannistrà, Andrea Chiesi, Mario Consiglio, Laura Lambroni, Silvia Mei, Marco Neri, Gioacchino Pontrelli, Nicola Samorí, Nicola Verlato.

Info:  www.comune.todi.pg.it

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