Cosa intendiamo quando parliamo di performance art? Cosa realmente ne sappiamo, pur essendo operatori del settore Arte contemporanea? Della storia di questa pratica espressiva trasversale, che si potrebbe far risalire ai movimenti Dada e surrealista degli anni Venti del Novecento e che ha abbracciato le arti visive così come musica e teatro, si è parlato tanto, si è scritto tanto, pur essendo per sua stessa natura una forma espressiva profondamente legata all’esperienza del momento, a quell’immediatezza dell’esserci che non dovrebbe essere nemmeno registrata per iscritto. Proprio davanti alla possibilità di aggiungere altre parole e considerazioni a una pratica che condivide l’aspirazione a superare il divario tra arte e vita, Chiara Mu e Paolo Martore rispondono con una pubblicazione edita da Castelvecchi dal titolo Performance Art. Traiettorie ed esperienze internazionali. Artista specializzata in pratiche performative e arte relazionale e site specific lei, ricercatore, critico e autore lui, i due autori presentano un volume piccolo ma prezioso, che sostituisce letture o interpretazioni con le parole di chi ha fatto della performance un punto fondamentale della propria arte.
Da Amelia Jones ad Ulay, da Christopher Bredford a Santiago Serra, da Claire Bishop ad Alicia Eler, da Adrian Heatfield a Kubra Khademi, i due curatori di questa antologia tentano di rispondere a questa complessa – a tratti difficile – domanda sviluppando quattro main focus fondamentali: Corpo come Spazio, Azione come Tempo, Relazione come messa in Opera, Contesto come strategia. Performance Art nasce dalla volontà di offrire ai propri studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna uno strumento di lavoro che li introducesse ad una materia ancora parzialmente inesplorata. In un excursus di testi che appartengono ad un arco di tempo circoscritto (dal 1966 al 2016), questo volume è il prodotto del lavoro di raccolta, selezione e traduzione apportato da Chiara Mu. Un esempio per un contesto soprattutto italiano, in cui molti di questi testi non erano mai approdati se non in madrelingua e in cui l’esperienza performativa fatica ancora ad essere un medium espressivo realmente conosciuto e sviluppato. «Non si tratta di un libro d’artista o che faccia riferimento alla mia arte – racconta Chiara Mu – quanto di un testo che deve essere letto e non sfogliato». Un libro da tenere sul comodino, un libro da sfogliare e consultare, che possa diventare un punto di riferimento per tutti quegli studiosi, soprattutto giovani, che si avvicinano da lontano a una terra ancora sconosciuta.
Performance Art. Traiettorie ed esperienze internazionali
A cura di Chiara Mu e Paolo Martore
I testi tradotti sono di: Philip Auslander, Christopher Bedford, Claire Bishop, Tania Bruguera, Graciela Carnevale, Amelia Jones, Miranda July, Gulliermo Gomez-Pena, Mona Hatoum, Adrian Heathfield, Franko B, Allan Kaprow, Kubra Khademi, Andrea Fraser, Mark McGowan, Bruce Nauman, Piotr Plavenski, Santiago Sierra, Koki Tanaka, Ulay, The Yes Men
Castelvecchi Editore, prezzo di copertina 18 €
Info: www.libreriauniversitaria.it