Palermo Capitale italiana della Cultura. Ecco che succederà

Palermo

Cusumano

Ogni anno il Governo italiano attraverso il Mibact mette in palio un milione di euro per la città italiana proclamata Capitale della Cultura. L’investimento oltre a trasformare – come si è già visto in passato – il sito prescelto in una sorta di eventificio fine a se stesso, ha invece la finalità di incentivare la creazione di un piano integrato per la crescita della città a lungo termine, promuovendo anche interventi infrastrutturali in grado di lasciare un segno duraturo e positivo. Nel 2018 tocca a Palermo dare prova di come questo riconoscimento può rivelarsi una reale occasione per mettere in moto modelli di sviluppo sostenibili ponendo la cultura al centro della crescita sociale, economica e civile del territorio. Ne parliamo con l’assessore alla Cultura, Andrea Cusumano, che lunedì 19 marzo a Villa Niscemi ha presentato Ballarò significa Palermo, illustrando alla stampa la nuova identità visiva del programma e anticipando le più importanti iniziative in calendario per il 2018. 

Assessore di che si tratta? 
«La scelta di presentare un progetto come Capitale Italiana della Cultura è stata motivata dalla volontà di mettere a sistema e porre maggior attenzione su quanto a Palermo stiamo già portando avanti da alcuni anni. È in atto un cambio di paradigma. La narrazione della città è cambiata. Palermo è oggi una città sempre più accogliente, smart, sicura ed attraente. È diventata in pochi anni una delle mete turistiche più ambite d’Italia. È uno dei poli del contemporaneo più vivaci con spazi come ZAC (che ha ospitato importanti mostre di Ai Wei Wei, Hermann Nitsch, Regina Galindo, Mustafa Sabbagh, Ernesto Bazan, Sislej Xafa, Shay Frish, Letizia Battaglia, Thomas Lange, Mauro d’Agati, e la mostra su Arte Cubana in collaborazione con il PAC di Milano), con la galleria pubblica di Palazzo Ziino, dedicata ad una programmazione sui giovani talenti dell’Accademia di Belle Arti, Palazzo Riso, giovani collettivi come Dimora OZ, le Mosche, CraziPLus, Tavola Tonda, che hanno contatti con altre realtà internazionali, i Cantieri della Zisa con diverse nuove realtà giovani in continuo fermento tra innovazione e multiculturlismo, e naturalmente Manifesta12 Il giardino planetario che tra il 13 giugno ed il 4 Novembre farà di Palermo il cuore dell’arte contemporanea internazionale. Ma anche la narrazione sulla città è cambiata. Guardian, NY Times, Suedeutschezeitung, Famiglia Cristiana, Il Sole24Ore, Arte’, InsideArt, Elle, per citare alcuni dei più recenti articoli, raccontano di una Palermo capitale culturale e non più di una capitale della mafia. Con la Carta di Palermo, che è l’emblema della visione del Sindaco, Leoluca Orlando, Palermo sta diventando un simbolo di accoglienza, di resistenza alle paure, una città in controtendenza. Certo c’è ancora moltissimo da fare, la città ha un elevato livello di complessità e di criticità, ma il clima è cambiato. Palermo è diventata opinion leader ed è la sua bellezza a venir fuori più delle sue storture. A qualcuno par poco, a me sembra un cambiamento radicale». 

Oltre a diverse centinaia di eventi in programma tra mostre, dibattiti e incontri in calendario consultabili a questo link http://www.palermocapitalecultura.it/ ci può raccontare in che consistono i progetti speciali e di messa a sistema pianificati per lo sviluppo di Palermo? 

«Innanzitutto va detto che Palermo Capitale italiana della Cultura non è un festival. Non si tratta di un mero cartellone di eventi ma di un progetto di visione. L’attuale calendario è infatti frutto di una messa a sistema delle principali istituzioni culturali della città, a partire da quelle pubbliche e dalle fondazioni. Questa rete è stata alla base del progetto di candidatura e ne è la sua ossatura. Anche perché la nostra ambizione è quella di attraversare questo 2018, rimanendo una capitale culturale di riferimento, a partire dal 2019. Nei prossimi mesi seguirà l’ampliamento della rete con la messa a sistema anche delle realtà private e delle associazioni che possono già iscriversi al programma attraverso una public call. È un progetto in fieri che necessita di vari step, ed è per questa sua natura, progettuale e strutturale al contempo, che è stato premiato dal Mibact come progetto vincente. L’obbiettivo finale della messa a sistema è un portale integrato dell’offerta cittadina (culturale, turistica e dei servizi) ed un sistema integrato e semplificato di biglietteria e servizi. Questi dovranno essere i principali obbiettivi da raggiungere nel 2018».  

Tra i progetti in fieri spicca la Casa Museo dei Diritti multimediale di arte contemporanea, qual è il suo obiettivo? 
«Ce ne sono diversi. Ad esempio il parco Al Medina al Aziz che dovrà mettere a sistema i giardini e il Castello della Zisa con i Cantieri Culturali della Zisa, facendone un’unica cittadella della cultura nel nome del Castello della Zisa, simbolo della bellezza sincretica tra oriente ed occidente. La Casa Museo dei Diritti nasce invece da un’idea di Piff e Francesco Bonami. Vorremmo realizzare un luogo che attraverso gli artisti contemporanei, attraverso la narrazione multimediale, e attraverso la storia recente della città, possa diventare testimonianza della necessità di cambiamento. Dalla lotta in nome del diritto (contro la mafia e l’illegalità) alla lotta in nome dei diritti (contro la violazione dei diritti della persona). In primis il diritto alla mobilità umana internazionale, che viene oggi ignorato dalle vigenti normative in materia». 

Palermo, da sempre crocevia di popoli e culture, i primi di marzo ha presentato presso Palazzo delle Aquile, l’iniziativa Aleppo un ponte per la pace nata dall’esigenza di rafforzare il dialogo e il sostegno reciproco tra i Paesi del Mare Nostrum. Quali realtà coinvolge il progetto e quali sono le sue finalità?
«Qualche mese fa sono stato contattato dal Dott. Radwan Khawatmi, membro del direttorio della Aga Khan Trust for Culture e promotore del progetto di recupero del souk, Moschea e Minareto di Aleppo di recente distrutti dalla guerra e simbolo di una tragedia immane. Ci siamo incontrati, ho raccontato di Palermo e della visione che stiamo portando avanti rispetto ai temi della pace, del dialogo tra le culture, dell’accoglienza. Così hanno deciso di portare a Palermo l’anteprima mondiale del progetto per Aleppo. Il Gran Muftì di Aleppo ha mandato alla città un lungo messaggio di Pace e fratellanza, è stata una giornata memorabile e commovente. Adesso con la fondazione Aga Khan stiamo già lavorando ad altre iniziative per il 2018, ma soprattutto stiamo studiando alcuni progetti più strutturali da realizzare che possano aiutare a raccontare il legame tra la cultura islamica e quella occidentale. Tutto ciò a Palermo dove questo incontro ha dato vita a alcune tra le più illuminate corti del Medioevo, dagli Emiri di Balarm (Yusuf, Ja’far, Akhmad), ai Normanni sino agli Svevi. Palermo è stata un po’ tutto nella storia: fenicia, islamica, normanna, sveva, spagnola. Ha la possibilità di raccontare gli altri raccontandosi. Oggi questa unicità di Palermo ha un valore inestimabile. Se l’ignoranza sull’altro è alla base della nostra paura, la conoscenza reciproca è la vera fonte di sicurezza. Palermo è sicura perché non ha paura di aprirsi ed accogliere». 

Sempre a marzo la Città di Palermo ha assegnato la cittadinanza onoraria a Michelangelo Pistoletto con una cerimonia all’interno di Palazzo Sant’Elia nella stessa stanza che ospita Love difference, il tavolo/opera dell’artista. Come nasce questa scelta?
«È la sintesi di tutto ciò che ho raccontato sin qui. Presentato all’interno dell’iniziativa Palermo laboratorio del dialogo tra le culture, per l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale, il tavolo di Pistoletto è uno specchio a forma di Mediterraneo. Siamo noi che ci specchiamo nel mare che simboleggia lo scambio, il commercio, la culla della civiltà, oriente ed occidente. Il Mediterraneo è un orizzonte, il nostro orizzonte. La voglia di raggiungere altri lidi, ed al contempo la voglia di essere raggiunti da altre sponde. Love difference perché la cultura si alimenta di dialoghi, di contaminazioni, d’ispirazioni, di odori, colori e persino di sguardi che non conoscevamo. Questo è il Mediterraneo di Pistoletto, e dunque non potevamo che accoglierlo a braccia aperte nella nostra comunità palermitana».