Dopo una lunga malattia, ci ha lasciato a 78 anni Getulio Alviani, uno dei principali portavoce dell’Arte cinetica e programmata in Italia. Nato a Udine nel 1938, Alviani sin da ragazzo si appassiona all’arte, attento ai problemi riguardanti la percezione e l’informazione visiva e iniziando così la sperimentazione in campo pittorico. Verso il 1952 esegue lavori a olio e smalto, incentrati sul movimento delle onde del mare, astratti e geometrici. A quindici anni entra a lavorare in uno studio di architetti e ingegneri ed è affascinato dai principi del Bauhaus e dell’arte astratto-concreta. Impegnato in un rinnovamento del rapporto tra arte e società, collabora intensamente anche con il mondo dell’industria, dal quale apprende alcuni procedimenti di lavoro sui materiali, come l’alluminio, tra i suoi medium prediletti. Amico di artisti come Josef Albers, Max Bill, Konrad Wachsmann, Hans Richter, Sonia Delaunay, Henryk Berlewi, Pavel Mansouroff, Michel Seuphor e Lucio Fontana, entrò a far parte del movimento internazionale Nove Tendencije, fondato da Almir Mavignier, di cui fecero parte il Groupe de Recherce d’Art Visuelle di Parigi e il Gruppo N di Padova, con Enrico Castellani e Piero Manzoni. Da questo sodalizio artistico nacque il nucleo dell’arte ottica e cinetica. Le sue opere sono esposte nei musei più importanti del mondo, dal Museum of Modern Art di New York al Kunstmuseum di Basilea, fino alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e al Madre di Napoli. Nel 1965, al MoMA, fu tra i protagonisti di The Responsive Eye, la mostra curata da William C. Seitz e considerata un manifesto dell’arte del XX Secolo.