Direttamente dalle nostre pagine del giornale vi proponiamo un articolo pubblicato sul numero 112.
Geometria, linea, intersezione. Entrare nello studio di Carlo D’Orta è un tuffo nel pragmatismo, il suo rapporto quasi matematico con l’obiettivo della macchina fotografica è alla base della sua poetica così in linea con l’astrattismo geometrico a cui tanto si è ispirato. Ed è alla base anche dei suoi successi recenti: dall’ingresso nel fondo Malerba per la fotografia alla conferma della partecipazione al Festival di Orbetello 2018, dalle mostre in giro per il mondo fino alle acquisizioni pubbliche delle sue opere, come quelle da parte della Banca d’Italia e del Palazzo di Giustizia di Milano. Il suo occhio in questi anni si è concentrato sulla delicata e ambiziosa sfida di sintetizzare, nella fotografia, il linguaggio pittorico e la razionalità dell’architettura.
Nella serie Biocities, una ricerca in continua evoluzione che accompagna da anni il pensiero dell’artista, il calcolo, infatti, incontra l’estetica, il tempo incontra lo spazio e la struttura diventa il momento di massima espressione della creatività. Questo ”teorema” è stato declinato nel tempo e in molti contesti urbani in giro per il mondo, da Roma a Berlino, da Londra a Shanghai, da New York a Singapore. Sempre alla ricerca di architetture e geometrie da intersecare, fino a trovare l’attimo e il punto in cui le forme si rigenerano trasformandosi in entità nuove. Con queste prospettive D’Orta rivela delle realtà parallele, che solo l’occhio dell’artista riesce a mostrare, dimostrando come nella vita i problemi possano cambiare aspetto in base al punto di osservazione. «È esattamente il fulcro del mio lavoro. Un lavoro emotivamente molto impegnativo – racconta – una questione di centimetri al continuo inseguimento delle coordinate giuste in cui l’esistente si mostra con un altro volto. E la realtà mostra la sua dimensione parallela».
Stilisticamente le sue fotografie sono uno studio sul concetto di forma, in cui tanti elementi catturati dall’obiettivo in particolari scorci urbani vengono come riassemblati, ma non manualmente, bensì proprio attraverso lo scatto fotografico, grazie alla ricerca di particolari prospettive e punti di osservazione, rispettando quindi la loro naturale collocazione. Si vengono a creare, così, degli autentici quadri astratti, con diversi livelli cromatici e in cui l’unico leitmotiv è rappresentato dalle linee, sempre così nette e precise, utili a dare il senso della profondità e, in generale, quel fascino così pragmatico all’insieme.
Non a caso D’Orta ha trovato pane per i suoi denti nel quartiere romano dell’Eur, dove il trionfo delle linee ha scandito uno dei manifesti urbani più suggestivi del razionalismo, tradotto in chiave “neoclassica” dal celebre architetto Marcello Piacentini. L’intero quartiere, il cui progetto fu varato nel 1938, rappresenta un’opera architettonica di assoluto valore. Ebbene quest’area è stata una delle più attenzionate e studiate dall’artista, che ne ha fatto lo scenario di alcune delle sue più interessanti fotografie della serie Biocities. «Sono sempre stato molto attratto dal sistema prospettico che si sviluppa nel quartiere Eur – spiega D’Orta – un gioco di linee e angoli che mi ha permesso di sviluppare dei dialoghi fotografici molto suggestivi. Tra quelle vie e quei palazzi ho ritrovato lo stesso concept della tavola rinascimentale la Città ideale». Non a caso le sue fotografie saranno utilizzate da Inail ed Eur spa per realizzare una prestigiosa pubblicazione e una grande mostra nel 2018, per celebrare gli 80 anni dalla fondazione del quartiere.
Già ad aprile 2017 i suoi scatti sull’Eur sono stati esposti: la galleria Honos Art di Roma ha ospitato la mostra Eur 42/oggi. Visioni differenti. Negli anni precedenti le sue fotografie della serie Biocities hanno viaggiato in giro per l’Italia e all’estero in varie mostre, le principali delle quali sono senza dubbio Beyond the lens, a Venezia, nel 2015, all’Officina delle zattere, curata da Italo Bergantini e Gaia Conti e rientrata come evento collaterale nella Biennale di Venezia, e quella a Rovereto dal titolo Biocities, nel 2016, alla galleria PoliArt, curata da Leonardo Conti.
Un lungo percorso espositivo iniziato qualche anno prima, nel 2013, a Palazzo Collicola di Spoleto, dove Biocities era stata introdotta, all’interno della mostra curata da Gianluca Marziani in collaborazione con Italo Bergantini. «Biocities continuerà a svilupparsi – conclude l’artista – ne sto studiando le possibili evoluzioni. Nel 2018 il lavoro sarà concentrato sulla storicizzazione di quanto realizzato fino ad ora. Ma poi vorrei continuare la ricerca, probabilmente esplorando nuove mete in cui riproporre le mie intersezioni».
Nel 2018 i lavori di Carlo D’Orta viaggeranno in diverse tappe. A breve l’opera Vibrazione Milano Palazzo di Giustizia # 1, acquisita dall’Ordine degli Avvocati di Milano, sarà collocata all’ingresso della sede dell’Ordine all’interno del Palazzo di Giustizia di Milano. Si tratta di uno scatto che cattura un particolare della scultura di Attilio Selva, situata al centro del cortile interno del palazzo, colto attraverso il riflesso delle vetrate.
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Le sue fotografie sull’Eur, inoltre, faranno parte di un libro d’arte e una mostra interamente dedicate al quartiere romano, che saranno prodotti a inizio 2018 rispettivamente da Inail ed Eur spa in occasione dell’80esimo anniversario dell’Eur. L’estate 2018 vedrà, invece, Carlo D’Orta tra i protagonisti del Festival di Fotografia di Orbetello. Info: www.carlodortaarte.it