Bruxelles omaggia Magritte

Bruxelles

  

Magritte il surrealista, Magritte l’estremo, Magritte il sarcastico. Ma soprattutto Magritte il geniale, che attraverso il suo approfondito studio sull’illusionismo nell’arte è riuscito a influenzare molti artisti contemporanei e a diventare addirittura iconico con il suo messaggio e la sua dialettica artistica. La mostra Magritte, Broodthaers and contemporary art, che ha inaugurato a metà ottobre al Museo reale di Belle arti di Bruxelles, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte dell’artista belga, accende vari spunti di riflessione sulla sua poetica, attraverso una chiave di lettura nuova: i rapporti tra Magritte e il suo grande amico e collega Marcel Broodthaers, profondamente ispirato dalle sue riflessioni sul linguaggio, e l’ascendente che entrambi hanno avuto nelle successive generazioni di artisti.

Il percorso espositivo è come se accompagnasse in un viaggio nella mente dell’artista, alla scoperta della profonda lucidità con cui ha deciso di sfidare la realtà e di invertirne i paradigmi. Allo stesso tempo il viaggio è costellato di tappe in vari movimenti della storia dell’arte che si svilupperanno dopo Magritte. E così capita di imbattersi in lavori di Keith Haring, Andy Warhol, Jasper Johns, Ed Ruscha o George Condo, nei quali si possono individuare le evidenti suggestioni magrittiane declinate in chiave contemporanea. Tutto questo spiega in modo lineare il senso più profondo della mostra: Magritte ha incarnato perfettamente l’anima del Surrealismo. Dalla sua casa/studio, che sorgeva, ieri come oggi, in un grigio sobborgo di Bruxelles, è riuscito a concepire un nuovo linguaggio artistico, ”barocco” per il suo uso del tromp l’oeil ma minimalista per l’essenzialità nel modo di dipingere, ”fiabesco” per la sua componente onirica, avanguardistico, per la sua scelta dell’oggetto come medium per riflettere sul significato dell’esistenza, e innovativo, per la sua destrezza nel trattare le parole come fossero immagini e viceversa. Un mix di elementi che hanno reso Magritte un’icona contemporanea, al punto da rappresentare un background essenziale per gli artisti concettuali che verranno negli anni Sessanta.

(Intervista a Michel Draguet, direttore generale del Museo reale di Belle Arti del Belgio)

[youtube]https://youtu.be/WdJPcUkwNDo[/youtube]

La mostra, curata da Michel Draguet, direttore generale del Museo reale di Belle Arti del Belgio, sembra un libro aperto. Chiara e puntuale in ogni passaggio e in ogni dialogo. Viene quasi in soccorso del visitatore ogniqualvolta, passeggiando da una stanza all’altra del piano -1 del Museo, interamente dedicato a Magritte, sorga una nuova curiosità. Del resto appare subito evidente come per questa grande occasione non si sia troppo badato a spese. Non mancano i principali capolavori dell’artista, provenienti dalle più autorevoli collezioni del mondo, affiancati ai documenti e ai carteggi che rivelano i suoi studi, tra cui spiccano, per originalità e ingegno, quelli sull’utilizzo della parola nella costruzione dell’immagine. Il ragionamento espositivo ha pensato a tutti e non ha tralasciato nessuno, dai più esigenti cultori di Magritte, a chi è a caccia del selfie più accattivante dell’anno.

C’è tempo fino al 18 febbraio per vedere questo capolavoro. E sfidiamo i futuri visitatori a confermare se questa antologia non propone una straordinaria prospettiva di Magritte, un artista di cui il nostro tempo ha ancora bisogno più che mai.

Fino al 18 febbraio 2018
Musées Royaux del Beaux-Arts de Belgique
Rue de la Régence/Regentschapsstraat 3
Bruxelles

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