I luoghi instabili di Tenardi

”Per l’uomo non esistono luoghi stabili, incorruttibili allo scorrere del tempo, al divenire della storia. È l’instabile che governa il divenire […] non resta quindi che scegliere di camminare in un tempo puro, tra le brecce create dall’incuria e accettare il senso delle rovine”. Con queste parole, forse valide oggi più che mai in un presente continuo che non permette alcuna previsione del futuro, Matteo Tenardi spiega la sua mostra Luoghi [in]stabili*, inaugurata il 3 ottobre nello spazio di Fondamenta gallery e visitabile fino al 15 del mese. Un’esposizione, a cura di Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci, che raggruppa una serie di lavori sviluppati dall’artista toscano nel corso degli ultimi tre anni, dai meno recenti agli ultimi che fanno parte del ciclo Luoghi instabili, di cui un nucleo corposo è attualmente in mostra anche a Bologna allo Spazio Testoni. Al centro delle opere di Tenardi l’uomo, o meglio la sua rappresentazione in scala reale, studiata attraverso una serie di piccoli progetti che in potenza esprimono la volontà di farsi grandi. «Quello che mi interessa non è la riproduzione mimetica della figura umana – spiega l’artista – ma quello che c’è oltre, voglio che le mie opere siano a grandezza umana così chi le osserva si trova a confrontarsi con se stesso». Lontane quindi dall’illusionismo ipperealistico delle sculture di Duane Hanson o di Ron Mueck, le installazioni di Tenardi si collocano in un limbo in cui realtà e rappresentazione si fondono tra i ricordi di un passato evocato e un presente in cui universalmente ci possiamo riconoscere. Tenardi ha bisogno della realtà così come ha bisogno della sua rappresentazione, elementi che si appoggiano l’uno all’altro in nuclei che comprendono disegni di soggetti e luoghi misteriosi che convivono accanto a prelevamenti di oggetti dal reale. In una tautologia concettuale che ricorda le tre sedie di Joseph Kosuth, il reale e la sua rappresentazione si rafforzano e si completano, senza pretendere di spiegare nulla, lasciando la lettura a chi osserva le opere. In alcuni lavori necessaria è pure la parola, estrapolazione di una riflessione nata da un’ispirazione, dalla lettura di un testo. Le parole di Georges Perec, ad esempio, attraversano come appunti i bozzetti di Tenardi: ancora riflessioni sul tempo, in cui al centro è ancora l’idea di instabilità, fisica, come quella di una rovina, ma anche concettuale, intesa come instabilità di legami, di radici. «Si tratta di un concetto che può sembrare negativo – spiega Tenardi – ma non è così. Se pensiamo all’acqua, ad esempio, questa compie il suo ciclo proprio grazie al suo carattere instabile. Nei miei lavori ho voluto dare una luce diversa a un aggettivo generalmente negativo«. Fino al 14 ottobre, info: insideart.eu/2017/09/26

photo Francesca Salvati

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