Le tre “effe” di Balula

La Gagosian, oltre ad essere un sinonimo di qualità, è sempre in prima linea quando si tratta di respiro internazionale. Non ha perciò stupito il trovarsi di fronte a un metal detector, quasi ci si trovasse in aeroporto. Tuttavia questa volta il merito si deve all’artista franco-portoghese David Balula (1978) e alla sua esposizione dal titolo Iron Levels, visitabile fino al 18 novembre. Un titolo degno di un romanzo di fantascienza, che racchiude il compito, tutt’altro che facile, di coniugare coerentemente opere al muro Burn Paintings, eredi di un’accennata Arte Povera, con il video Air Between fingers racchiuso all’interno di un iPhone, con ancora l’installazione Idle Hands (seven balls) opera di grande suggestione tattile.

Iron Levels presenta, in effetti, diverse tipologie di livelli: da quelli materica a quelli interpretativa ma anche quelli della fisicità umana. Il suo lavoro è giovane e ambizioso, osserva il genere umano attraverso gli strumenti che la tecnologia può offrire ma l’obiettivo ne resta l’analisi analogica, ovvero l’indagare la stratificazione di tutto quello con cui la vita e la socialità e la tecnologia odierna ricopre l’essere umano, al fine di arrivare, come molti artisti prima di lui, a una lucida veridicità. Un’interazione tra filosofia, fenomenologia e fisica (da qui le tre effe del titolo).

Il metal detector è l’oggetto – simbolo di questa spogliazione: dice Balula «Quando si passa sotto il metal detector bisogna liberarsi di tutto, le chiavi, i soldi, il telefono, a volte persino delle scarpe. L’uomo resta a nudo e è in qualche modo libero di entrare all’interno di questo spazio senza il peso di elementi che lo rallentano». La scelta di liberarsi di oggetti come quelli sopracitati – tutti oggetti formati da componenti metalliche che rappresentano alcuni capisaldi della vita (la casa, le risorse, la socialità, i contatti) – rappresenta la cura dell’artista per uno spettatore coinvolto con la testa e con il corpo, che decide di attenersi al gioco per comprendere la profondità delle opere.

Allo stesso modo esso viene invitato con Idle Hands (seven balls) a toccare la freddezza delle sfere d’acciaio, a sentirne il peso e a accarezzare la liscezza del travertino su cui le sfere poggiano, materiale usato anche in onore al paese ospitante, il quale rievoca i maestri scultori; il titolo, invece, scherza sulla ormai onnipotenza delle dita che, attraverso la tecnologia, sono in grado di compiere qualunque operazione, divenendo allo stesso tempo dinamiche e terribilmente pigre. Le Burn Paintings, realizzate proprio per l’ovale, si concentrano sulla materia intesa come consunzione e trasformazione: in combinazione binaria, le assi di legno carbonizzato vengono poggiate su teli di lino al fine di imprimerne l’impronta.

Le opere, suggestive per l’allestimento dal ritmo dinamico, ricalcano lo schema noto di attrazione tra gli opposti ovvero scuro e chiaro, lino e legno, materia viva e materia impressa. Da citare Eaten today, Eaten tomorrow in cui una porzione di frutta consumata stanzia accanto a un’altra ancora da mangiare, sotto campane di vetro. Un’opera in cui l’ironia sulla simultaneità del tempo odierno rende le due differenti porzioni, nella medesima situazione (anche grammaticale) del quando verranno consumate. Il lavoro di Balula è stato di recente esposto al FIAC di Parigi (2015) con La main dans le texte e vincitore del Prix Marcel Duchamp, alla Biennale de Lyon, al Musée de l’Objet, Blois & Ecole des Beaux Arts de Châteauroux & Bourges, Francia con Sirène du Mississipi (2007).

Fino al 18 novembre; Gagosian Gallery, via Francesco Crispi 16, Roma; info www.gagosian.com

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