Al Kawari, il candidato qatarino per l’Unesco: ”Troverò i soldi necessari”

Roma

Al-Kawari

A poche settimane dal voto della commissione internazionale che il prossimo novembre assegnerà la carica di Direttore Generale dell’Unesco, Tunisie Plus ha intervistato il dottor Hamad bin Abdulaziz Al-Kawari, un politico e diplomatico Qatarino di lungo corso, già ministro della Cultura e ambasciatore negli Stati Uniti ed in Francia. Sposato e con tre figli, Al Kawari è noto a livello internazionale per il suo impegno nei confronti delle tematiche culturali, per la tutela dei patrimoni artistico culturali ma anche per la sua capacità di reperire risorse finanziarie. La sua candidatura è sostenuta innanziatutto dalla maggior parte dei paesi arabi e anche da vari paesi africani. Qui di seguito riportiamo i passi più salienti dell’intervista. 

Quali sono le tre ragioni che, secondo lei, giustificano la sua candidatura? «Durante la mia carriera, sono stato ministro per quattordici anni, sono stato anche ambasciatore, in particolare all’Onu, per innumerevoli anni (ventuno), ed ho presidiato l’Uctad per quattro anni. Nello stesso tempo, per tutta la mia vita, ho tenuto rapporti forti con il mondo della cultura. Da notare che sono anche scrittore, uomo del patrimonio arabo. Ho anche lavorato in diversi continenti, in America del Nord come in quella latina, e a Parigi, la capitale della cultura. Sono quindi perfettamente preparato questo lavoro».

Quali sono i progetti prioritari dell’Unesco? «L’Unesco è un’organizzazione molto importante che tratti casi essenziali. I suoi padri fondatori l’hanno creata con gli intenti e la speranza che la pace rimpiazzi la guerra. Nonostante questo, le guerre sono ancora presenti oggi. All’inizio, l’Unesco ebbe un grande successo. Questi ultimi anni, ho visitato quaranta paesi ed ho sfortunatamente notato un fenomeno attuale: le persone hanno quasi praticamente dimenticato l’esistenza dell’Unesco e la confondono addirittura con altre organizzazioni. Dobbiamo dunque reintrodurre l’Unesco nello spirito del popolo. E uno dei suoi più grandi problemi e risolverlo è prioritario. Sapete che quest’organizzazione subisce anche una forte crisi finanziaria. Ma a differenza di quello che si dice, non è solo finanziaria, è anche politica».  

Cioè? «All’inizio della sua storia, le soluzioni si ottenevano tramite i consensi. Bisogna tornare a questo metodo e a questa pratica. Sarà un lungo cammino, bisognerà fare molti sforzi per riuscire a convincere ma l’Unesco merita un tale sforzo e un tale lavoro. Per fare un esempio, pensiamo alla domanda palestinese. Sono ben piazzato per affrontare questo problema tra i palestinesi e gli altri. Sono un arabo e allo stesso tempo un cittadino del mondo come lo mostrano la mia carriera e la mia vita. Ho studiato al Cairo, in Libano, a Parigi e a New York. Provengo dunque da quattro culture e da quattro mondi. Questo mi dalle possibilità di risolvere i problemi politici».  

Quali altri progetti vi sembrano prioritari? «Io mi consacrerei anche a quello che io chiamo “i piccoli progetti”. Sono delle iniziative poco care, circa di 50 000€, non andando mai oltre i 100 000€, che riguardano soprattutto l’Asia, l’Africa e i Caraibi».  

Esistono paesi dimenticati dall’Unesco? «Si, ci sono i paesi piccoli. Ne ho visitati tanti. Tutti i loro responsabili mi hanno riferito che era la prima volta che un candidato alla presidenza di un’organizzazione internazionale li faceva visita!». 

E arrivata l’ora per gli arabi di dirigere l’Unesco? «Certamente. La cultura araba e una cultura molto ricca che ha influenzato incredibilmente il corso della storia. Ha il diritto come le altre civiltà di dirigere l’Unesco. E l’unica a non averlo mai fatto, mai!».

La situazione finanziaria dell’Unesco è disastrosa. Cosa si può fare? «Abbiamo bisogno di un direttore generale che abbia il coraggio di andare dai capi di stato. Non basta inviare delle lettere per la richiesta di soldi. Bisogna anche altre pratiche come il ricorso a degli sponsor. Perché è necessario dare dei mezzi allo staff di quest’organizzazione che è una delle più performanti del mondo. Insomma, bisogna lavorare molto e bisogna avere molta forza di volontà. In ogni caso, io non arriverò con le mani vuote. Ho già parlato con il mio capo di stato e con innumerevoli sponsor. Non accetterò di essere uno dei candidati se non ne ho i mezzi. Tanto più che sono convinto che il miglior modo di combattere il terrorismo sia di aiutare l’Unesco. Possiamo combattere tramite a cultura, la scienza e l’educazione».