Col calcio raccontare Roma

Fabien Marques come Marc Mounier-Kuhn e Raphaele Bezin è stato uno dei tre artisti ospitati dal programma di residenze dell’atelier Wicar di quest’anno. Ogni anno, tre autori francesi soggiornano per altrettanti mesi in uno studio a due passi di Piazza del Popolo a Roma, in un atelier di proprietà dello stato francese e gestito dal comune di Lille. Ogni artista in residenza è invitato a lavorare sulla e nella capitale. Difficile trovare allora un tema più pregnante di quello scelto da Marques.

«Ho scoperto che il calcio in generale e quello legato alla Roma e alla Lazio in particolare è molto sentito in questa città». È pomeriggio e fuori il sole scioglie pure i sampietrini. Nello studio si sta meglio, passa una luce che si percepisce decisa ma strozzata dalle tende che coprono il grande lucernaio dell’enorme stanza centrale. Marques beve acqua ghiaccio e limone. Comincia a raccontare la storia di un calciatore ucciso per sbaglio, una morte ancora coperta dal mistero. Si chiamava Luciano Re Cecconi, erano anni intensi per l’Italia, 1977, gli anni di piombo. Re Cecconi era un giocatore della Lazio, una brava persona dicevano tutti. Nella sua ultima serata della sua vita entra in una gioielleria e per fare uno scherzo al proprietario a volto coperto finge una rapina. Il proprietario gli spara. Re Cecconi viene freddato dentro al negozio senza motivo. «C’etait une blauge» dice Marques; «era uno scherzo», leggenda vuole sono le ultime parole pronunciate dal calciatore.

«Sono partito da qui. Ho cominciato a cercare i segni di questo dramma in giro per la città. Il tema si è poi allargato a ventaglio». Marques è un fotografo e più che raccogliere prove per risolvere un caso ha lo scopo dichiarato di creare un ambiente, una narrazione sospesa dove la verità si intreccia con la menzogna o viene detta solo a metà, mai del tutto, mai in maniera chiara. Sotto il lucernaio si stende un grande tavolo quadrato pieno di fotografie. «Ho raccolto dei particolari – dice l’artista –qui ci sono varie gioiellerie della stessa zona di Re Cecconi e una di queste potrebbe essere stata il teatro della sua morte. Non è importate per lo spettatore sapere qual è quella vera. Mi piacere pensare che chi le guarda comincia a notare cose che altrimenti non averebbe visto, per esempio l’architettura, molto simile di questi edifici o le insegne invece diverse fra loro».

A conferma di quest’idea di ambiente ci sono sul tavolo anche scatti ai muri pieni di scritte che inneggiano la Lazio e offendono la Roma, che inneggiano la Roma e offendono la Lazio. «È un tema molto forte qui la tifoseria e mi piace l’idea che rientri nel mio progetto. Chi è della Roma non sarà mai della Lazio e viceversa. Con il tempo la divisione di queste due squadre ha preso anche una sfumatura politica e geografica. Chi è della Roma solitamente è più di sinistra e viene dal centro Sud della città, i laziali invece sembrano concentrarsi tutti verso Nord o al di fuori delle mura e hanno la nomea di essere di destra».

E poi i colori delle maglie sparse per la città nei più disparati luoghi. Dai bracciali per gli orologi accostati rosso e giallo, bianco e azzurro alla cornici fatte a mano che inconsapevolmente o meno riproducono le cromie delle due squadre. «C’è una foto che credo riassuma tutto il progetto». Marques si sposta allora dal tavolo verso la parete dove appende una grande stampa. Si allontana, si riavvicina, la riaddrizza, torna dietro al tavolo, continua: «Nello scatto ci sono tutti gli elementi che ho toccato durante il lavoro. È una foto fatta vicino all’Olimpico. La luce diventa bianca e sul cielo azzurro ricrea i colori della Lazio, la punta dell’obelisco brilla come fosse un diamante che richiama la gioielleria dove è morto Re Cecconi, lo stadio che si vede sullo sfondo si ricollega al tema calcistico come la scritta Dux sull’obelisco a quello politico». È una fotografia, questo possiamo aggiungerlo noi, che in qualche modo rappresenta bene anche la città soprattutto in una calda giornata d’agosto.

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