Venezia, non solo biennale

Non solo Biennale a Venezia, la città offre diverse alternative che regalato al visitatore un sguardo sempre più attento agli approfondimenti culturali. Partendo dai Magazzini del Sale dove, fino al 16 luglio, Robert Wilson trasporta la Illy art collection in un mondo magico, colorato, surreale. Iniziata nel 1992 grazie ai suoi protagonisti, ha trasformato l’iconica tazzina disegnata nel 1991 da Matteo Thun, in un’opera d’arte da collezione accessibile a tutti. Personaggi come Marina Abramovic , Robert Rauschenberg, Jeff Koons, Julian Schnabel, Anish Kapoor e Daniel Buren hanno partecipato attivamente alla crescita di un simbolo consumistico che corre a braccetto con l’evoluzione dell’arte, un marchio, Illy, che ha decisamente contribuito nel presentare un prodotto puramente commerciale in un qualcosa di artistico, una sublimazione che dai laboratori e dagli atelier degli artisti arriva nelle mani dei consumatori finali.

Rimanendo a Fondamenta Zattere, a pochi metri, entriamo nella dimensione della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova che presenta la mostra Emilio Vedova De America aperta al pubblico fino al 26 novembre. Un ciclo di opere visibili grazie alla macchina robotica progettata da Renzo Piano, 14 dipinti su tela realizzati tra il 1976 e il 1977. Sono opere tutte in bianco e nero, di grande formato, in perenne dialogo con personalità della cultura statunitense. Infatti dagli anni Quaranta Vedova è in costante relazione con il linguaggio degli artisti promossi da Peggy Guggenheim a Venezia, da Jackson Pollock a Franz Kline, affiancandosi alle loro ricerche. Attraverso le Biennali di Venezia, che richiamano collezionisti e direttori di musei il suo contributo viene riconosciuto, tanto da ricevere nel 1960 il Gran premio per la pittura, da parte di una commissione internazionale, presieduta dallo storico mondiale Herbert Read. Negli anni Sessanta è presente nel Nord America con l’imponente installazione Percorso/Plurimo/Luce nel padiglione italiano dell’Expo ’67 di Montreal e dialoga con le nuove generazioni nei campus, come Berkeley, oppure entra in rapporto e scambio, a New York, con poeti ed intellettuali da Allen Ginsberg a Dore Ashton. Così, negli anni Settanta, dopo aver conquistato un ruolo fondante nella storia della modernità, Vedova con la stesura di De America sembra rivolgere il suo omaggio alle esperienze statunitensi e all’arte d’oltreoceano, cercando una connessione con la storia dell’arte italiana, di cui è stato protagonista.

A qualche fermata di traghetto, la Galleria internazionale d’arte moderna di Ca’ Pesaro a Venezia, con l’appoggio di Crédit Agricole FriulAdria, fino al 22 ottobre, propone l’imperdibile mostra dedicata a David Hockney, per la prima volta in Italia il più recente progetto dell’artista: 82 ritratti e una natura morta. «Abbiamo scelto di abbinare il nostro marchio a questo evento perché è il modo di operare che più ci rappresenta: impegno per il territorio, visione internazionale e – spiega la presidente di Crédit Agricole FriulAdria, Chiara Mio – collaborare con la Fondazione musei civici di Venezia alla realizzazione della prima mostra italiana dedicata a Hockney è un ulteriore passo nel percorso di sviluppo in Veneto della nostra Banca in seno al Gruppo Crédit Agricole». Nato a Bradford, nella regione del West Yorkshire, il 9 luglio del 1937, Hockney si fa conoscere quando ancora è uno studente del Royal college of art di Londra che frequenta dal 1959 al 1962. Nel 1960 espone alla storica mostra londinese Young contemporaries alla Whitechapel art gallery. Nasce la pop art britannica e Hockney ne diventa ben presto il principale esponente. Insignito del merito di Accademico Reale nel 1991, a partire dal 2004 Hockney trascorre molti anni nella cittadina inglese di Bridlington, nel tentativo di catturare il paesaggio dello Yorkshire nella pittura a olio e nell’acquarello senza tralasciate la tecnica video e su iPad. Nell’estate del 2013 dipinge un ritratto destinato a diventare il primo di un ampio corpus di opere, le 82 presenti oggi nella Serenissima pronte a volare in seguito al Guggenheim museum di Bilbao e al Lacma di Los Angeles.

Un curioso e interessante appuntamento è stata una conversazione con lo storico d’arte e curatore francese Jean Clair in occasione della presentazione della personale dedicata all’artista franco americano Roger de Montebello, Ritratti di Venezia e altri ritratti. Clair, con una forte critica, sottolinea l’importanza dell’equilibrio nel gusto della pittura e dell’arte in genere che si sta perdendo, un grido contro il gigantismo moderno e morboso. Sia in ambito commerciale che quotidiano, dire basta a una violenza visiva che impedisce uno sguardo equilibrato sul reale. Il cattivo gusto, sopratutto a livello turistico, ha invaso le località più importanti, pensiamo alla forti polemiche sulle grandi navi, uno scempio per la città lagunare, che si ripercuote e si amplifica nella vita comune e ripreso dagli artisti stessi in primis da Damien Hirst, maestro nel saper comunicare senza saper comunicare.

La stessa mostra, molto criticata, di Palazzo Grassi con Treasures from the Wreck of the Unbelievable, ne è massima rappresentante, il gigantismo è il vero padrone e dove, a dir di molti, il cattivo gusto non lascia spazio a un costruttivo dibattito culturale. Al contrario Roger de Montebello dedica forze e talento nel ricercare quella delicatezza, quella sensibile capacità descrittiva che supera la pochezza della moda passeggera per definire quello che è e quello che sarà, puntando su un corretto e emblematico mezzo comunicativo. Dal 1992 ha scelto Venezia come luogo ispiratore per le proprie creazioni e sede per stabilire il proprio atelier. L’esposizione, inserita all’interno del percorso espositivo del Museo Correr, raccoglie 389 opere, afferenti a tre nuclei di opere rappresentativi della sua ricerca: un campionario di ritratti spontanei, una serie di vedute veneziane e un ciclo di opere dedicate alla corrida spagnola.

La figura di Roger de Montebello ricalca quella del pittore romantico che indaga il mondo con la pittura en plein air, con l’ausilio di un prototipo di laboratorio portatile concentrato in una scatola di legno. Lo strumento diventa fondamentale per rappresentare la tradizionale corrida spagnola, fissando l’azione e la vivacità cromatica in quadri di piccolo formato. Clair propone una lettura veneziana della tradizionale tauromachia spagnola, ricordando il rito della caccia al toro, fulcro del carnevale lagunare fino al 1800 circa. La medesima tecnica di immediatezza pittorica accomuna la serie dedicata a ritratti di conoscenti e amici, che testimonia la versatilità dell’artista nel padroneggiare la resa dei moti dell’animo, impressi nei volti dei soggetti. Si esprimono invece nel grande formato le tele dedicate agli scorci veneziani, che restituiscono luoghi caratteristici della fisionomia lagunare, con un linguaggio lento, profondo, che trova nella ripetizione una ritmica meditativa e onirica, contraddistinta da un’atmosfera sospesa e luminescente. Lo stesso Clair, curatore della mostra, afferma: «Il sogno di pietra al quale Baudelaire aveva pensato per evocare la bellezza, si palesa, svelato in questi quadri, nella sua essenza: un marmo, una calcite, un minerale cristallizzato che per una qualche proprietà nascosta si sviluppa come un cristallo con spigoli, sfaccettature e riflessi», invitando l’osservatore a perdersi nel labirinto dell’immaginario dell’artista.

Il pittore franco-americano Roger de Montebello nasce a Parigi nel 1964 in un ambiente famigliare sensibile alle arti. Dopo aver appreso le basi del disegno e della pittura alla Facultad de Bellas Artes di Siviglia (1984-1985), continua la sua formazione artistica, pittura, storia e filosofia dell’arte all’Università di Harvard. La sua prima esposizione di quadri risale al 1992, a Parigi. Nello stesso anno stabilisce il suo primo atelier a Venezia, città in cui abita e lavora ancor oggi. Nel 2011 partecipa alla Biennale d’Arte di Venezia con una mostra dal titolo Montebello-Megachromia. Dopo diverse personali, in particolare a Parigi e Londra, questa del Museo Correr è la prima mostra personale in un’istituzione museale italiana.  

A coronare una così attenta esposizione una scultura in vetro che riproduce in grandi dimensioni un bicchiere della trazione veneziana del Settecento. Avvolti dallo stupore che regala questa amena location, riusciamo a legare la contemporaneità con la modernità, il passato con il presente, un viaggio vero e proprio nella storia attraverso l’arte con i protagonisti stessi di ieri e di oggi.

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