Tra anni ’50/ ’60, What’s my line? è stato uno dei quiz televisivi più popolari degli Stati Uniti. Il gioco era molto semplice: i concorrenti dovevano porre delle domande agli ospiti al fine di determinarne la professione. La gara consisteva in diversi round in cui i concorrenti cercavano di indovinare i lavori degli ospiti, dai più classici ai più impensabili, ricevendo solo risposte secche ”si” o ”no”. A concludere la sfida i concorrenti, a questo punto bendati, doveva indovinare la professione di un ultimo ospite, una celebrità, anche lei costretta a rispondere solamente ”si” o ”no” alle domande che gli venivano rivolte.
La maggior parte delle volte il round finale era il più facile. Anche bendati, i concorrenti potevano infatti riconoscere le voci di attori famosi e artisti, mettendo rapidamente fine al gioco. Ma il 27 gennaio 1957, il concorrente di turno è rimasto sconcertato da un ospite particolarmente misterioso: il pittore surrealista Salvador Dalí che ai fini dello spettacolo si era descritto solo come un artista. Alle domande se era un artista, performer, scrittore, comico illustratore striscia, e atleta Dalì, immodesto com’era, mandò tutto a monte rispondendo di ”si” a ogni domanda relativa alla professione, perché non c’era niente che non sapesse fare. Ma nonostante, o forse a causa di questa boria da artista, il concorrente alla fine ha capito la sua identità. E la domanda finale ”Avete per caso un paio di baffi piuttosto noti?” ha confermato la sua intuizione.
Era egocentrico, estremamente stravagante e poliedrico. Sicuramente non si può definire Dalì solo un pittore, ma un artista a tutto tondo. Si cimentò nel cinema – nel 1946 prese infatti contatti con Hollywood, dove progettò un film, mai realizzato, con Walt Disney e realizzò le scene surreali di Io ti salverò di A. Hitchcock- , nel teatro, nel design di mobili (famosissimo il suo divano a forma di bocca e il telefono-astice), nella scenografia, ma anche illustratore di moda e di opere letterarie, realizzò campagne pubblicitarie, disegnò etichette per bottiglie di cognac o copertine di dischi musicali, recitò in alcuni mini spot, collaborò con moltissimi stilisti (da Coco Chanel a Christian Dior a Elsa Schiaparelli, per cui disegnò abiti, accessori, gioielli e addirittura il flacone per un profumo), disegnò cravatte per McCurrach e Pilgrim Cravats, stampe per Adrian (il più grande costumista dell’epoca d’oro del cinema americano), tessuti per Winsley Simpson e inventò una propria moda (fatta di vestiti con imbottiture anatomiche, costumi da bagno con seni applicati sulla schiena, occhiali con lenti caleidoscopiche o unghie ricavate da frammenti di specchio nelle quale contemplarsi) ed una lunga serie di vestiti assurdi, tra cui il famosissimo smoking afrodisiaco e introdusse nell’oreficeria il linguaggio e l’iconografia surrealiste, togliendo al gioiello la sua pura funzione decorativa per trasformarlo in una vera e propria opera d’arte. Dopotutto forse non era tutta falsa modestia. Voi che ne pensate?