In via del Collegio Romano primavera fa rima con Biennale; alla sede del Mibact si è infatti tenuta stamattina la presentazione del Padiglione Italia. A fare gli onori di casa Federica Galloni, Direttore Generale per Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del Ministero per i Beni Culturali nonché commissario del Padiglione Italia, la curatrice Cecilia Alemani e Paolo Baratta, Presidente della Biennale. Assente il Ministro Dario Franceschini per ragioni di salute, che si perde non solo la conferenza stampa ma anche un sit-in di protesta di registi venuti direttamente da Cinecittà per incontrarlo. A prendere la parola per prima in conferenza stampa è Federica Galloni che, dopo aver presentato brevemente Cecilia Alemani, oltre che curatrice anche direttrice dell’High Line di New York, rivela come quest’anno la scelta di avere pochi artisti in mostra sia stata vincolata al momento della convocazione del curatore. E così è stato: Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni-Bay sono i nomi del trio magico di Cecilia Alemani. Una serie di ricerche, le loro, che rileggono il mondo attraverso il rito, l’immaginazione, cercando nel magico una via di fuga nell’irrazionale.
Il mondo magico non a caso è il titolo della mostra, direttamente ispirato dal libro dell’antropologo Ernesto De Martino, manuale guida per una storicizzazione del fascino per riti, credenze e miti che affonda le sue radici nell’antichità, passando per il Rinascimento, per poi arrivare fino anni anni Sessanta con ricerche come quelle di Gino De Dominicis, Alighiero Boetti, Carol Rama e riprendere vita nelle pratiche di giovani artisti. «Questo – scherza la Alemani – non vuol dire che in mostra troverete streghe e incantesimi. In questi artisti c’è però una comune volontà di creare un universo parallelo, di staccarsi dal documentarismo che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni».
Una scelta ponderata, dal momento che gli artisti hanno avuto quasi un anno intero per progettare ed eseguire i loro lavori: «Sono interventi complessi e in vasta scala – spiega Alemani – e l’intento non è quello di fare una panoramica sull’arte italiana ma proprio un approfondimento sui tre artisti scelti». Tre figure già affermate anche a livello internazionale, forse meno note a un pubblico di non addetti ai lavori. «D’altra parte – aggiunge Baratta – la figura dell’artista è cambiata. Prima si sapeva a quale scuola apparteneva e quindi, in un certo senso, che cosa avrebbe presentato. Ora non sappiamo cosa aspettarci, è tutto mutevole». Tuttavia parole rassicuranti vengono dal presidente della Biennale, che spiega «negli ultimi anni c’è una grande vitalità artistica, ma più che di sinergia si può parlare di singole energie». Vitalità che si rispecchia anche nelle istituzioni: «c’è anche stata una stata una grande attenzione della politica verso la scena artistica, è rinata la Quadriennale, i musei hanno finalmente un’autonomia scientifica e questo ci proietta verso un futuro di curatori che diventeranno cervello di una struttura museale. E in questo senso Cecilia Alemani si può definire una curatrice/curatrice piuttosto che una critica/curatrice, in un momento in cui i confini tra le competenze sono sempre più labili».
Non resta che aspettare il 13 maggio l’inaugurazione della 57esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.
Info: www.labiennale.org