Da sempre il colore, legato a doppio filo alla tradizione pittorica del paesaggio, rappresenta la materia vibrante e necessaria, che diviene inevitabile veicolo espressivo e meditativo. La peculiare valenza della materia pittorica, e quindi del colore, sul piano contenutistico-concettuale dell’opera, è perno della ricerca dell’artista Flavio De Marco (Lecce, 1975), il quale utilizza elementi propri della pittura come la bidimensionalità delle forme e la staticità del colore per raccontare un paesaggio nuovo, figlio di una sperimentazione quanto mai puntuale e meticolosa. De Marco si spoglia della lezione della pittura paesaggistica per formulare un nuovo, proprio linguaggio, ed ecco che al racconto del reale si aggiungono gli elementi propri della cultura post-internet: l’inserimento di finestre di sistemi operativi, all’interno di paesaggi reali o surreali, ha valenza metafisica, la finestra è una finestra sul mondo, un paesaggio nel paesaggio, che ci trasporta e ci consegna verso nuove prospettive ed elementi da osservare. La grande mostra Flavio De Marco. Autobiografia, visitabile fino al 5 febbraio prossimo al Castello Carlo V di Lecce, a cura di Lorenzo Madaro e Brizia Minerva, ha intento antologico, e pone il suo accento sul concetto di contemporaneità, non più come entità troppo spesso millantata, bensì come una profonda analisi del presente che non prescinde dall’emulazione del passato. L’esposizione, promossa dal Comune di Lecce, è la prima personale realizzata nella terra natale dell’artista, che da anni vive e lavora a Berlino; il secondo piano del castello viene invaso dalle opere più rappresentative, comprese in cicli che vanno dal 1993 al 2015, e già esposte in alcune mostre d’eccezione, tra le quali Stella, alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma, nel 2014. In occasione della mostra, l’artista ha voluto tributare la sua città, rielaborando ogni sua opera presente nell’esposizione.