“Attention… trois, deux, un…” recitava Gennaro Olivieri nel suo ruolo di arbitro internazionale di Jeux Sans Frontières. Potrebbe essere usata la stessa formula per presentare l’omonima mostra che ha inaugurato il 18 dicembre da Colli independent Art Gallery. L’esposizione del fotografo italo-tedesco Armin Linke (1966) attinge dalla produzione dell’artista e da archivi fotografici componendo, in stretto contatto con lo spazio della galleria, un percorso storico – visuale che ha come tema centrale i valori e i risvolti dell’intrattenimento e della competizione sportiva (ma solo come punta dell’iceberg). L’artista, che lavora tra l’Italia e Berlino, ha partecipato a numerose esposizioni tra personali e collettive, tra cui la quindicesima edizione della Biennale di Architettura (2016), The Appearance of That Which Cannot be Seen (Karlsruhe, Germania 2016), Red Africa (Londra, 2016), alla decima edizione della Biennale di Shangai (2015), Alvar Aalto–Second Nature (Barcellona, 2015), Paparazzi! Photographers, stars and artists (Metz, Francia 2014) e insegna anche allo Staatliche Hochschule fur Gestalttung di Karlsruhe.
Il titolo e il cuore della mostra prendono spunto dal celebre programma televisivo che nel 1965 venne ideato per favorire i rapporti tra Francia e Germania e successivamente divenne un fenomeno mediatico sciovinista in cui un nutrito numero di paesi si sfidava in prove di coraggio, resistenza e abilità. In particolare l’artista sceglie come struttura portante della storia una puntata del 1995 ambientata al Castello Sforzesco di Milano; all’interno di esso era stata allestita una scenografia altrettanto pittoresca nel quale ambientare le varie sfide. Entrando nella galleria, l’occhio viene subito catturato dalla foto centrale in cui la mise-en-scène viene documentata nel suo pieno svolgimento, mostrando l’architettura scenica arricchita dal particolare di tre paia di gambe che si adoperano per sollevare dei blocchi. Le altre foto commentavano la stessa ricchezza documentativa dei giochi all’interno di un doppio contesto architettonico –uno reale e uno simulato- che appositamente l’artista andava ricercando per creare una dicotomia di soggetti e contenuti. Attraverso l’immagine, scene di oltre cinquanta anni fa riprendono vita, anche grazie al taglio dinamico della foto, al fine di creare il memoriale di un prodotto antropologico e sociale, abilmente camuffato da intrattenimento. Il prodotto mediatico diventa, con una accezione di storica dignità, una cristallizzazione del tempo e dello spazio e, a un livello più profondo, di tutti i valori dell’agonismo, della coesione nazionalistica e del desiderio di riuscita, valori che ben si abbinano a un momento storico come questo.
Vi si trova anche una evidente componente ironica, sul valore ludico del programma in particolare e dei media in generale; l’artista utilizza una macchina fotografia 6×12 a mano libera (in maniera teoricamente non corretta) e sceglie il bianco e nero, il tutto per rendere le immagini contraddittorie, stimolanti, semoventi, ingannevoli e esplicative nello stesso momento, ricostruendo in maniera fedele le vicende di quella simbolica puntata. Questa ricerca indiscussa per la partecipazione attiva dell’occhio, si adagia sulle possibilità espositive della galleria e sul tema Sportification, comunità, agonismi e giochi senza frontiere che ha accompagnato il lavoro e la ricerca instancabile di Colli independent negli ultimi due anni. Fino all’11 febbraio, Info: www.colli-independent.com