Il Digitalife che sarà

Torna alle origini Digitalife con questa settima edizione curata, come la prima, da Richard Castelli. Appuntamento dal 7 ottobre al 27 novembre negli spazi del Macro Testaccio per il consueto tuffo annuale romano nel mondo della new media art. Rispetto alle edizioni passate la prossima ha preso una scelta di campo diversa e a un tipo di allestimento museale ha preferito una concentrazione di lavori meno numerosi, ma più puntuali. Sono quattro le chiavi per decifrare il percorso, quattro chiavi per altrettanti artisti e tre installazioni. A unire Shiro Takatani e Christian Partos è una sola costruzione che a luci accese si presenta come una vasca quadrata piena di acqua e valvole elettroniche controllate da un computer incorniciata da un’americana che regge sospeso sopra il quadrato una serie di proiettori. L’enorme e imponente struttura, inventata dallo stesso Takatani, è 3D Water Matrix e se a sala illuminata appare come un elefante stretto fra quattro mura, al buio acquista una leggerezza inaspettata e spezza il nero con i suoi bianchissimi giochi di luce e acqua.

[youtube]https://youtu.be/Q-zysog6nY0[/youtube]

St\ll è il nome del lavoro portato a Digitalife di Takatani, artista tra i fondatori del collettivo giapponese pioniere nelle sperimentazioni tecnologiche in arte, DumbType. Sfruttando quindi il 3D Water Matrix, l’autore riesce nell’intento di scolpire letteralmente l’acqua. Grazie alle 900 valvole sul fondo della vasca, controllate da un algoritmo, Takatani arriva a dare forme precise al liquido. Nella stessa stanza, con la stessa macchina, opera anche Partos che pur avendo gli stessi punti di partenza realizza un lavoro più scultoreo, più figurativo quasi, intitolato The Sorcerer’s Apprentice.

E del resto, oramai è concetto noto, sono due i campi d’azione spostati dalla New media art, da una parte un maggiore coinvolgimento dello spettatore, insistendo sul legame visitatore-lavoro figlio delle avanguardie storiche, e dall’altro un maggiore e più intenso sfruttamento dei dati che con l’arrivo di nuovi media è cresciuto in maniera spaventosa saltando all’attenzione degli artisti. Ed è proprio in queste due aree che si muovono gli altri due protagonisti della rassegna, da un lato il tedesco Kurt Hentschläger e dall’altro il collettivo romano None. Il primo firma una stanza che senza difficoltà possiamo dire sensoriale, con luci stroboscopiche, musica e tutti gli ingredienti del caso per destabilizzare lo spettatore. Inizialmente nata come installazione per una scenografia di uno spettacolo di Castellucci, durante Digitalife, può essere esperita solo da chi firma una delibera. «Strong, Strong» ripete Hentschläger durante i lavori di allestimento come se ce ne fosse ancora bisogno per immaginare il suo lavoro.

È invece dall’accumulo dei dati che prende le mosse DeepDream_Act II, il lavoro firmato da None che riprende il nome da un algoritmo matematico di Google che procede per associazioni visive catturando immagini e video dal database del motore di ricerca. Un flusso incontrollato di immagini, casuale ed eterogeneo, si apre come una porta spalancata sullo stratificato mondo nascosto dei dati su internet. Un iper incubo è quello che aspetta il visitatore.

A concludere il percorso, il Laboratorio Perco che celebra i 25 anni d’attività del laboratorio Understanding_the_otherdi Robotica Percettiva della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ripercorrendo la sua storia attraverso installazioni video.

Dal 7 ottobre al 27 novembre; Macro Testaccio, piazza Orazio Giustiniani 4, Roma; info: http://romaeuropa.net/digitalife

Articoli correlati