Mas, Fuori tutto

Roma

Un progetto espositivo di artisti§innocenti che celebra la storia di MAS, Magazzini allo Statuto di Piazza Vittorio, spazio mitico di Roma che presto chiuderà i battenti. Iniziata il 10 agosto e conclusasi l’11 settembre, l’iniziativa, curata fra gli altri da Anna Cestelli Guidi ed Helia Hamedani, era articolata in due mostre (Camerini e Nuovi Camerini) hanno invaso lo spazio esterno del negozio. Vetrine e bacheche si sono trasformate in insoliti “camerini” per accogliere la creatività degli artisti, tutti di diverse estrazioni e campi d’intervento. “La sovrapposizione, l’accumulo e l’incontro imprevisto – ha scritto la Hamedani – fanno da parallelo artistico di quello stupore che MAS ha sempre generato nei suoi visitatori con la inusuale varietà degli articoli in vendita”.  Come gran finale, domenica 18 settembre è previsto un happening lungo un giorno, FUORI TUTTO / campionario estemporaneo d’arte, che occuperà l’interno del primo piano dismesso. 

Gli storici Grandi magazzini della Capitale, inizialmente “Castelnuovo” dal nome del fondatore, nascono nei primi del Novecento come esercizio commerciale di lusso, luogo d’incontro per l’alta borghesia. Recuperando questa memoria Iginio de Luca espone in vetrina lapidi in marmo nero, con scritte dorate, per “dare anima ai cartelli pubblicitari – spiega l’artista- e nobilitare i vestiti stessi rendendoli protagonisti di una storia che sta finendo”. Di fatto l’idea della “fine” come parte del ciclo vita-morte-resurrezione in bilico tra sarcasmo e surrealtà, traspare da diverse opere in mostra; a partire dall’incisivo The end di Guendalina Salini fino all’intervento di Laboratorio Saccardi: angeli sumeri guardiani di un metaforico Regno dei morti, nell’ingresso principale. Ancora, la Teca nero/oro degli artisti§innocenti, le Trasmutazione alchemiche di Andrea Lanini e la simbolica presenza del nero corvo nel Principe di Myriam Laplante. Anche le coloratissime vetrinette di Veronica Montanino, zeppe di merci, ritagli e cineserie più o meno inutili, sono “frammenti di un mondo decadente”, che per l’artista formano quasi “uno sgargiante mazzo di fiori che si porta ad un funerale per celebrare il defunto”.

Tornando alla storia, durante il fascismo i magazzini cambiano nome – quel “ Castelnuovo” tradiva infatti origini ebraiche – diventando i “Magazzini Roma”. Ed è un motto fascista “memento audere semper” ad ispirare l’opera di Marco Bernardi che oscilla tra spot consumistico pubblicitario e frase ideologica per “testare il confine tra la decadenza di un luogo, con tutto quel che significa un sistema culturale di vendita, e l’avvento di un ipotetico fascismo sfasciato” – afferma Bernardi. Siamo alla fine della guerra e l’antesignano centro commerciale diventa MAS, cavalcando l’onda del boom anni Cinquanta. Con l’andare dei tempo però segue le sorti del quartiere Esquilino, sempre più degradato, popolare e multietnico, finché nei Novanta, gestito (non sempre in modo limpido) da un nucleo familiare che lo usa anche come residenza, si tramuta in quell’ineguagliabile melting pot dell’abbigliamento, tempio del kitsch e del “tutto ad un euro”. Ecco allora, con l’eloquente titolo “Affari di famiglia”, emergere da una bacheca il disegno a carboncino di Fabrizio Cicero, artista che esplora in metafora le neoplasie sociali. È un imperdibile viaggio questa mostra, attraverso passato e il presente, splendori e miserie, sostanza e apparenza; tra estetica e logica economica, tra le pubblicità trash di Alvaro Vitali e il docu-film da Biennale di Ra di Martino. È un’immersione nei tempi scanditi da una crisi spietata. Una festosa e rutilante celebrazione corale, dove non mancano spunti di riflessione e acuti paradossi. Basti pensare ai due talebani (uomo e donna) meccanici che ballano e cantano in americano, sfoggiati da Giovanni Albanese o all’ironica sezione Vestire le ignude di Tomaso Binga. La consapevolezza di vivere in un mondo schiavo delle leggi di mercato e condizionato dai meccanismi della società dei consumi, è messa in scena con efficacia da Simone Bertugno nel peep show di una pornografica cena.

Ancora, sul binomio arte-vendita Lamberto Teotino espone le pagine di un catalogo, dove le foto delle opere sono ricoperte da post-it con annotazioni relative sia la proprietà che la collocazione dell’opera, “dando così forma ad un archivio di rintracciabilità”. Per finire, la vetrina red lights di Mauro Cuppone XXX art curators. Qui, la presenza di alcuni curatori offerti a turno allo sguardo del pubblico e dei passanti, sottolinea tra l’altro, il sistema dell’eccessiva esibizione di sé, quale perdita di sostanzialità. E lo stesso corpo, elemento costituente della soggettività, finisce per divenire luogo in cui si sovrappongono codici e pratiche culturali dai significati molteplici e contraddittori.

18 settembre 2016, ore 10-20; Info: www.facebook.com/MAS-Magazzini-allo-Statuto

 

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