Merz, la natura, l’equilibrio

Instancabilmente la Fondazione Merz di Torino continua da anni a omaggiare l’artista che ha dato vita a questa istituzione, Mario Merz e la moglie Marisa. Un’istituzione ormai riconsciuta nel panorama artistico contemporaneo nazionale e internazionale dall’anno della sua fondazione nel 2005. E lo fa anche in questo caldo luglio tra gli spazi dell’immenso edificio della Fondazione stessa, un ex centrale termica Officine Lancia, che ospita le opere del maestro, la sua bibioteca e una biblioteca specializzata. Appena terminata la retrospettiva dedicata a Mario e Marisa Merz al Maxxi, ideata e promossa dalla Fondazione, ecco una nuova finestra sull’opera e ricerca decennale dell’artista che ha attraversato gra parte del Novecento, la cui genesi artistica è iniziata in seno all’Arte Povera.

Mario Merz, la natura è l’equilibrio, il nome della mostra iniziata in questi giorni e visitabile fino a fine dell’estate e che rispetto alle altre esposizioni ha sicuramente qualcosa in più. Perchè non è confinata nella mera presentazione delle opere, peraltro comprese in un arco di tempo estremamente lungo, ma è anche un viaggio nelle parole che Merz accompagnava alla sua ricerca artistica e in gran parte esistenziale. Parole che diventavano poesia e prose, spesse volte sibilline e arcane, apparentemente in contrapposizione tra loro. Un racconto visivo e poetico insieme da leggere e fruire insieme alle opere. Alle pareti dei locali che ospitano l’esposizione sono stati affissi diversi testi di Merz, riflessioni estrapolate dai suoi libri, poesie, parti di interviste. ”L’equilibrio e lo squilibrio sono fenomeni di cui io stesso faccio parte e mi servono per vivere e sentire che ci sono. Se sono troppo equilibrato mi sento noioso e la vita è tra noia e sentimento. La matematica serve a modellare una linea a una spirale affinché siano loro, rigorosi e fantasiosi assieme”.Questo il testo che si legge vicino all’opera che da il titolo alla mostra, ovvero La natura è l’equilibrio della spirale. Un simbolo, un segno della natura, un archetipo, l’mmagine del comos (cioè ordine nel termine greco) è per Merz proprio la spirale, che durante la sua carriera ha, insieme alla moglie Marisa, riprodotto in diversi luoghi, ambienti, e per così dire, possibilità proponendolo sin dagli anni Settanta fino al grandioso progetto per il Museo Haus Lange a Krefeld poi mai realizzato in cui una mega spirale dove fare la sua epifania e incontrare il pubblico internazionale. Ma una gigantesca spirale nel 1990 riuscì comunque ad essere realizzata per lo spazio del Museo Pecci di Prato, costituita di centiniaia di metri di ferro e fascine, dando così spirito e materia alla sua idea di ordine e natura, esemplificata con la frase e titolo Lo spazio è dritto e curvo?.

Nella mostra torinese di questi giorni si riconoscono i suoi oggetti non solo spirali, ma anche igloo e neon. Oggetti che sono una cifra stilista che a lui e alla moglie appartengono e in cui l’artista rileggeva e reinterpretava le cifre matematiche di Leonardo Fibonacci. Un contributo, quello della matematica, iniziato proprio a Pisa , città natale di Fibonacci in cui Mario Merz dipinse un’opera nel 1963. E da quegli anni le sequenze matematiche entrarono nell’arte di Merz per non uscirci più, dando vita a quel trinomio arte-natura-matematica che era il solo ed utile codice per leggere il mondo.

Fino al 18 settembre; Fondazione Merz, via Limone24, Torino; info: http://fondazionemerz.org

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