Cosa cambia nel mercato dell’arte dopo Brexit? Cambia molto, o, meglio, potrebbe cambiare molto. A cominciare dalle geografie del mercato dell’arte, fino alle transazioni e ai vantaggi fiscali. Dopo una prima analisi, sembrerebbe verosimile aspettarsi un contraccolpo piuttosto negativo sull’art system britannico. Vediamo perché insieme all’avvocato Massimo Sterpi, uno dei principali esperti in Italia di diritto e mercato dell’arte.
La Gran Bretagna è fuori dall’UE. Cosa cambia nel mercato dell’arte europeo? «Cambia moltissimo. Londra è di gran lunga il più grande mercato dell’arte europea, con un fatturato annuo superiore a 10 miliardi di euro. Per avere un raffronto, il mercato italiano dell’arte vale dai 300 ai 400 milioni di euro all’anno, quindi tra il 3 ed il 4% di quello di Londra. Tuttavia, per valutare l’impatto in maniera precisa, occorrerà vedere quali leggi saranno emanate dalla Gran Bretagna in sostituzione di quelle attuali, che rispettano i principi comunitari. In teoria, non si può nemmeno escludere che la Gran Bretagna decida di emanare leggi ancora più favorevoli di quelle attuali, in quanto svincolate dai parametri europei».
Quale risvolto si aspetta sotto il profilo fiscale? «Dipenderà dalle decisioni della Gran Bretagna, che potrebbe anche decidere di abbassare il tasso dell’IVA attuale, per rendersi ancora più competitiva. Certo, tutta un serie di esenzioni e facilitazioni fiscali nel commercio intra-comunitario non varranno più per la Gran Bretagna e questo certo non la favorirà».
Cosa può succedere nelle esportazioni di opere d’arte? «La Gran Bretagna aveva già implementato le regole comunitarie sull’esportazione in maniera molto liberale, quindi per loro non cambierà molto. Tuttavia, per tutti i collezionisti comunitari, esportare un’opera a Londra per metterla all’asta o venderla tramite una galleria significherà esportarla in un Paese extracomunitario ed i vincoli per l’esportazione tendono ad essere più restrittivi per le esportazioni extracomunitarie rispetto a quelle intracomunitarie».
Ora si aprirà anche un dibattito sul diritto di seguito. Sappiamo che tra Paesi Ue vige una normativa che disciplina i prezzi delle vendite. Come incide la Brexit? «Quasi certamente la Gran Bretagna, che ha sempre detestato il diritto di seguito ma è stata costretta ad adottarlo per i vincoli comunitari, cercherà di abolirlo, il che la potrebbe rendere più attrattiva per i collezionisti. Meno per gli artisti, che spesso negli ultimi anni avevano delegato alla DACS di Londra l’incasso del diritto di seguito a loro spettante e potrebbero quindi certo ripensarci».
Cosa può cambiare per un artista di un Paese Ue che voglia stabilire la propria base operativa e commerciale a Londra? «Non essere in un Paese comunitario renderà molto più difficile stabilirsi e risiedere in Gran Bretagna. Specie se proseguirà la crociata britannica contro l’immigrazione».
E per una galleria d’arte? «Vale quanto detto per gli artisti, oltre a varie questioni di carattere fiscale che caratterizzano i rapporti tra i paesi comunitari e quelli extracomunitari».
Quali piazze artistiche europee prevede che possano ”beneficiare” della Brexit? «Sicuramente Parigi, che ha la legge meno restrittiva in materia di esportazioni di beni artistici. Anche la Germania avrebbe potuto beneficiarne, ma con straordinario tempismo negativo, lo stesso giorno della Brexit ha approvato una legge che restringe l’esportazione di opere d’arte. Potrebbe essere quindi una grande occasione per l’Italia, che ha la legislazione più restrittiva al mondo in tema di esportazione di opere di arte moderna, se solo il Parlamento si decidesse ad approvare il cd progetto Apollo, che mira appunto ad allentare i vincoli e rendere più intelleggibili gli attualmente oscuri criteri per negare il permesso di esportazione».