Never Give Up, non mollare mai, recita il titolo del progetto installativo dell’artista napoletana Annalaura di Luggo che, dal 15 aprile al 15 maggio, è in mostra, sotto la curatela di Guido Cabib, nel Centro Europeo di studio sulla devianza e sulla criminalità minorile a Napoli. Il lavoro è un’estensione concettuale di Occh-io, ricerca portata avanti dall’artista che, partendo dalla rappresentazione dell’occhio, si pone come sfida quella di scandagliare le innumerevoli sfumature dell’animo umano. Era il 1971 quando Gino de Dominicis componeva la formula D’io, un gioco di parole con cui l’artista comparava la condizione umana a quella divina. Nessuna provocazione, ma lo stesso sdoppiamento semantico tra radice e desinenza caratterizzano Occh-io: «Molti – spiega l’artista – mi chiamano cacciatrice dell’anima. Gli occhi per me sono la metafora dell’essere umano, lo specchio dei suoi sentimenti più nascosti. Il titolo che ho scelto rimette al centro l’individuo e, inoltre, “io” è, se vogliamo, anche una derivazione della parola Dio». Una profonda fede e una forte sensibilità verso le tematiche sociali hanno portato di Luggo a intraprendere il suo percorso artistico, oltre che di vita, un cammino di cui è parte fondamentale il contatto con l’altro. Il processo creativo dell’artista non si ferma infatti al gesto fotografico, ma si inserisce in una pratica performativa più complessa: «Prima di scattare – spiega di Luggo – cerco un legame con l’altro, ponendogli domande sul senso della vita. Mi interessa l’emozione di una storia». Il risultato è una foto di grandi dimensioni in cui dal fondo scuro l’occhio affiora nel suo aspetto realistico, quasi scientifico: «La mia macchina fotografica – aggiunge di Luggo – è munita di una serie di strumenti oculistici e obiettivi che ricreano una sorta di camera oscura, un ambiente asettico e libero da interferenze esterne». Un’immagine bidimensionale, che riporta alla memoria l’occhio immortalato sulla tela da René Magritte, in cui il buco nero della pupilla inghiotte ogni riflesso e conduce diritto al centro dell’animo umano.
Mossa dal desiderio di allargare la sua ricerca a intere categorie sociali, di Luggo ha sviluppato a partire da ottobre del 2015, Never Give Up, il cui titolo rivela l’intento coraggioso che si cela dietro al lavoro: la voglia di lottare contro le ingiustizie e di dare voce a realtà emarginate. Il progetto è infatti il frutto di un incontro dell’artista con dieci detenuti del carcere minorile di Nisida a Napoli, un’esperienza di due giornate in cui l’artista ha coinvolto i ragazzi in un percorso performativo fatto di azioni collettive e interviste. L’esito di questa esperienza è un’installazione multisensoriale composta da 10 immagini delle iridi dei detenuti, decal e video d’artista che puntano a provocare emozioni e reazioni nel pubblico e a farlo riflettere sul significato della vita. «Sono rimasta colpita – ha raccontato di Luggo – dall’adesione dei ragazzi e da quello che mi hanno raccontato, hanno capito che non avevo interessi e nessuna intenzione di giudicarli e si sono aperti con me». Never Give Up, esposto a novembre all’ex carcere Le Nuove a Torino nell’ambito di The Others Art Fair, torna adesso nel luogo in cui è stato concepito, il carcere di Nisida, al quale poi sarà donato. Un viaggio circolare, proprio come l’iride: «Volevo che quegli occhi tornassero lì – conclude di Luggo – perché era giusto così. Quest’esperienza è stata una sfida non solo per quei ragazzi ma anche per me. Dopo aver viaggiato in tutto il mondo, ora voglio concentrarmi su Napoli, continuando la mia ricerca nei quartieri più abbandonati della città per scoprire la vera anima del mio popolo».
Never Give Up 2nd Act The Donation, dal 15 aprile al 15 maggio, Centro europeo di studio sulla devianza e sulla criminalità minorile di Nisida, Napoli; info: www.annalauradiluggo.com