In linea con la propria immagine di culla rivitalizzante dell’arte contemporanea, la Fondazione Louis Vuitton del Jardin d’Acclimatation ha appena inaugurato una nuova esposizione che resterà a nutrire gli occhi dei suoi visitatori fino al 29 agosto. All’oriente il turno di incantare le ampie sale della struttura velistica ed eterea di Frank Gerhy, e in particolare a un gruppo di undici artisti cinesi della stessa generazione anni ’60. I temi toccati sono inerenti alla cultura cinese e al patrimonio a essa lasciato dai devastanti cambiamenti subiti solo negli ultimi venti anni e tuttora in atto. Se Ai Weiwei con il suo albero ricostruito a partire da elementi di altri alberi mostra la tensione tra spirito collettivo e spinta interna di emersione, Xu Zhen trasforma Guan Yin, una delle divinità più venerate dai buddisti, in icona pop e del kitch. Salta all’occhio lo spiccato utilizzo che questi artisti fanno del mezzo del video, più trascurato nell’arte contemporanea che si osserva nei circuiti tradizionali. Caro Fei ad esempio riprende i codici del gioco in realtà virtuale Second Life per creare uno storytelling immediato e d’impatto, nel quale la mamma-avatar spiega al bambino-avatar che loro dovranno giocare molti ruoli in questa vita, ma che non cresceranno mai né invecchieranno mai. Ancora Zhang Huan stendendo su 10 metri di tela una scala di grigi che compongono piazza Tian Anmen o Yan Pei Ming proponendo una scena di tempi moderni che nulla ha a che fare con il film di Chaplin se non il nome, conferiscono a scene storiche esistite un’alea intertemporale ed irreale.
In parallelo l’auditorium della Fondazione ospita delle performances sotto l’etichetta di Bentu, alcuni artisti cinesi in mezzo ala turbolenza delle mutazioni fino al 2 maggio. Interessante lo spunto di Hu Xiangqian, che gioca sull’incontro/scontro tra lingua francese e lingua cinese. Back to the Stage, Like Water Flowing Past mette così in forma e in azione tale relazione, quasi in una danza tragica di corteggiamento, unione e finale separazione. Letture di poesie, proiezioni di film, performances d’artista variegate arricchiscono di spunti, dinamicità e sfaccettature una collezione d’arte che sembra uscire dalla macchina del tempo. Se fino a poco fa della Cina non si sapeva nulla, poter vedere la Cina attraverso gli occhi dei suoi figli o ancora le problematiche e ambiguità dell’occidente attraverso lo spettro cinese è folle. E la carica emotiva ed estetica allo stesso tempo non è da meno. Insomma l’arte stessa, oracolo occidentale, è ormai global e le menti più affamate hanno attraversato il fiume giallo per raggiungerla. Un motivo in più per vedere di cosa si tratta.
Fino al 29 agosto; Fondazione Louis Vuitton, Parigi info: www.fondationlouisvuitton.fr