Henry Moore, la mostra

A vent’anni dall’ultima mostra dello scultore inglese, organizzata a Venezia dalla fondazione Cini, Henry Moore torna nella sua amata Italia. Dal 24 settembre fino al 10 gennaio, sarà possibile visitare la rassegna nella splendida cornice delle Grandi aule delle Terme di Diocleziano a Roma. La mostra presenta settantasette opere dell’artista tra sculture, disegni, acquerelli e stampe; provenienti dalla collezione permanente della Tate di Londra, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, dalla collezione Peggy Guggenheim di Venezia e alcuni inediti provenienti da collezioni private. La monografica ripercorre l’evoluzione creativa dell’artista dagli anni venti agli anni ottanta, ponendo l’accento sulle tematiche più ricorrenti affrontate durante la sua carriera. Le sue opere monumentali dialogano con gli spazi scenografici delle aule termali, ridisegnando lo spazio in ritmi di pieni e vuoti ed esaltando il legame dell’artista a quelle opere antiche che tanto aveva osservato e studiato durante i numerosi viaggi in Italia. In mostra a sottolineare questo aspetto sono due documentari sulle esposizioni di Spoleto nel’62 e Firenze nel’72, un celebre filmato di Moore che racconta la Pietà Rondanini di Michelangelo e la testa dell’artista inglese modellata dall’amico Marino Marini.

Il percorso espositivo, curato da Chris Steophens e Davide Colombo, è articolato in cinque sezioni tematiche che chiariscono i principali snodi della ricerca di quello che fino alla morte sarà considerato come lo scultore più influente e celebrato della sua epoca. Nella prima sezione – l’esplorazione del moderno – Moore si assimila agli artigiani del passato e fedele a quella che lui chiama “verità del materiale” rielabora esperienze precedenti per creare un nuovo vocabolario plastico fatto di accumuli di forme, illustrando il suo sviluppo quale erede del primitivismo di Epstein e Brancusi, fino al raggiungimento di una crescente astrazione della figura. La seconda parte – guerra e pace – si focalizza sulla rappresentazione che l’artista dà della sofferenza del periodo bellico. Moore fa parte della generazione che vive le due grandi guerre e i loro “disastri”, è antimilitarista ma è convinto di dover dare il suo contributo da artista alla lotta contro il fascismo e il nazismo e realizza opere in cui “è la loro silenziosa sofferenza che impressiona”. La terza sezione – madre e figlio – racconta uno dei suoi soggetti più famosi, presente lungo tutto l’arco della sua carriera, in dialogo con la tradizione romanica. Da questo deriva il gruppo di famiglia dal quale sviluppa il tema dei rapporti affettivi che in Gran Bretagna verrà scelto come simbolo della nuova società nata nel dopoguerra.

Nella quarta sezione – figura distesa – è presentato il motivo chiave con cui Moore ha esplorato le possibilità formali della figura femminile resa quasi astratta. Derivando il soggetto dalla tradizione classica, la donna incarna l’archetipo della natura e della madre Terra, resa più vicina a conformazioni naturali e petrose secondo la relazione cara all’artista tra figura distesa e paesaggio. Nella quinta ed ultima sezione – scultura negli spazi pubblici – sono comprese opere relative ad alcune commissioni pubbliche che lo resero una celebrità. Moore ha sempre visto l’evoluzione della scultura come una linea continua che unisce l’arte antica e quella contemporanea; in Europa ma soprattutto in America le sue sculture monumentali per nuovi edifici e piazze funzionano come icone del modernismo. Proponendo anche laboratori didattici per bambini, la mostra offre al pubblico l’occasione per approfondire la conoscenza dell’opera di uno dei più importanti scultori del novecento ed estendere il suo racconto nella nostra epoca.

“La scultura è come un viaggio. Hai differenti visioni ad ogni ritorno. Il mondo tridimensionale è pieno di sorprese, in un modo in cui quello bidimensionale non potrebbe mai essere.” Henry Moore

Fino al 10 gennaio, Info: www.archeoroma.beniculturali.it

 

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