Il nudo: specchio dell’anima

Roma

Julien Vallon è un fotografo di moda molto conosciuto in Francia. Tra i suoi clienti figurano Kanye West, Vogue, L’Officiel Brasil e Adidas solo per citarne alcuni, ma è la serie Pre-Conscience/Conscience, realizzata con modelli e modelle non professionisti, ad aver acceso la nostra curiosità attorno al suo lavoro. L’abbiamo intervistato per scoprire cosa si cela dietro quei nudi, così contorti e pieni di pathos e sensualità.

Come nasce la tua passione per la macchina fotografica? «La fotografia e il disegno sono sempre stati essenziali nella mia vita. Da bambino consideravo la fotografia complementare alle parole, adesso è lo strumento di espressione che prediligo. Per molti anni ho scattato un’enorme quantità di fotografie a ritmo frenetico, come in una sorta di trance, di recente ho iniziato a incanalare questa energia per focalizzarmi sul concetto di Essere, che continuo a indagare».

Cosa ti piace della moda? «Quando assomiglia più all’arte che al consumismo, la moda mi appassiona. La moda ha l’incredibile caratteristica di diventare sublime o bruttissima, ridicola o crudele. Non credo di essere trendy o di far parte del mondo della moda, sono semplicemente uno spettatore».

La tua fotografia in questo progetto è cambiata profondamente, sei alla ricerca di nuovi orizzonti da esplorare? «Esplorare è un’ esigenza fondamentale. Per me ogni nuovo spunto o idea diventano un viaggio, sia fisico che interiore, come nel caso di questo progetto. Anche se alcuni viaggi si trasformano in un eterno vagare e generano l’ansia di attraversare un deserto potenzialmente infinito, questi percorsi sono per me essenziali ai fini della creazione».

Hai scelto di fotografare le persone in una condizione di libertà totale. Che differenza trovi tra la bellezza di una modella o un’attrice e quella di una persona comune, quando sono così libere? «Ogni giorno siamo tutti costantemente sotto controllo, alterati, monotoni nell’estetica: la bellezza è diventata artificiale, è stata allontanata dalla verità. Le principali caratteristiche di un’ estetica più efficace sono svelate attraverso PcS/CS perché completamente libere, le mie modelle non sono state intralciate da riflessi restrittivi, passione o conformismo. Ogni immagine è risultato di un percorso diretto attraverso il subconscio come nella definizione di Jung, in altre parole, alla fonte dell’individuo. Queste emozioni pure hanno dato forma alla bellezza».

Hai dichiarato in un’intervista che ogni tuo scatto potrebbe durare anche dieci ore. Cosa succede durante quelle lunghe sessioni? «Il lavoro realizzato all’interno di una sessione ha un suo punto focale: abbandonare tutte le implicazioni legate all’estetica ed entrare nel profondo dei mondi dei modelli. Durante le sessioni il corpo soffre, è consumato, maltrattato, la mente resta cosciente resiste all’abbandono. La condizione nell’insieme diventa quasi ipnotica e quando l’essere interiore viene liberato è una magia: la bellezza emerge e regna su tutto».

Qual è il link con Jung nel progetto PcS/CS? «Per me il corpo è come un linguaggio. Il mio obiettivo era quello di rendere unica l’identità di ciascuno dei miei modelli spingendoli a lasciarsi andare, poiché quando non siamo condizionati ogni impulso è naturale. Per far sì che questo accadesse, ho avuto bisogno di accedere a quello che Jung considera il centro dell’uomo, il vuoto creativo, il Sé da cui parte realmente la costruzione dell’uomo stesso: l’origine della parte istintiva di ognuno, la virulenza dell’energia e quindi l’origine delle emozioni. Cosa c’è di più bello del fotografare un’emozione pura?».