Il progetto itinerante dell’artista svizzera Esther Mathis parte da una riflessione scientifica, storica e culturale sul sale, un cristallo puro, in grado di rigenerarsi in continuazione, protagonista di storie secolari appartenenti a tutti i mondi e a tutte le epoche. Nell’istallazione che accompagna il libro Salt Manual la giovane artista ha posizionato nello spazio di O’ a Milano tre corpi che vanno a documentare questa straordinaria capacità del cristallo. Nel testo, Mathis unisce fotografie delle installazioni precedenti a contributi critici che vanno a raccontare il ruolo del sale nella storia e nella società. Nel brevissimo scritto di Leila Peacock, Of Salt: From Ancient Seas to Human Bodies to Household Magic, oltre a parlare del grande paradosso che circonda la sostanza, come elemento in grado di mantenerci in vita e di preservare il corpo oltre la morte, di essere al contempo veleno e antidoto, di seccare la pelle e di aumentare la salivazione, unisce immagini e riferimenti presi da diversi contesti che ne illustrano la grande importanza, che ci fanno capire come il sale non possa appartenere a nessuno, perché è di tutti.
Ecco perché il progetto di Esther si apre a tutti, l’artista “dona” a chi vuole invitando a rifare a casa l’opera, a documentarla, così da rendere il suo testo via via sempre più corposo, una sorta di documentazione delle reti, perfette e indistruttibili, che si vanno a formare grazie al sale. Seguendo le istruzioni in calce al testo, l’istallazione può trasformarsi in una sorta di performance collettiva, purissima: una mezza bottiglia appesa al soffitto “a testa in giù”, all’interno acqua salata calda; un piccolo foro dal quale pende un sottilissimo filo di lana e l’acqua che vi scorre sopra. Evaporando, l’acqua permette ai cristalli di sale di emergere e di attaccarsi al filo, mostrando la loro forma perfetta, diafana, riflettente e lasciando una traccia a terra, un disegno. Il cristallo, come la macchia a terra, però, non sono fermi, immobili, ma catturano in sé, inglobano nella loro essenza, in questo processo chimico semplicissimo di trasformazione della materia, frammenti della vita che li circonda: l’umidità, le polveri, i nostri respiri, la forma a terra che cambia in base al passaggio delle persone. Non c’è traccia della presenza umana, ma essa è tutta racchiusa nella forma cristallina perfetta. Ogni qual volta Esther presenta il suo lavoro, va ad inserire pagine nuove al suo testo, creando un ciclo simile a quello del sale, che non si esaurisce mai.
Scorretto sarebbe definire questo lavoro delicatissimo un’opera di arte relazionale, ma piuttosto un mezzo per creare delle relazione, documentarle, farle crescere ed evolvere. «Bisogna curare quest’opera – spiega l’artista, parlando del suo lavoro – stare attenti che il foro non si otturi, magari aggiungere acqua, perché le condizioni variano da zona a zona in base alla quantità di calcare presente, bisogna seguirla, come fosse una pianta». Come le relazioni della nostra vita, se vogliamo che continuino ad essere. Piccolo inciso va fatto per rendere onore alla casa editrice del testo, Artphilein Editions, giovane e indipendente, che da un anno e mezzo sta portando avanti a Lugano l’impegno di pubblicare libri d’artista molto raffinati. Insieme a loro, Esther Mathis sarà presente ad I Never Read Art Book Fair Basel il 18 giugno per il book signing di Salt Manual.