Dopo il diluvio

«Ho scoperto Michelangelo molto giovane, ero un ragazzo, fu quasi una rivelazione, decisamente la sua arte ha tutti i connotati per essere definita pop». Le parole rilasciate da David LaChapelle durante la presentazione della mostra Dopo il diluvio, ospitata presso gli spazi del palazzo delle Esposizioni, sono quanto mai rivelatrici di un’estetica dai tratti magniloquenti che trae le sue radici nella rivisitazione di un Rinascimento trionfante, lussurioso e dalle contaminazione di un kitsch sensuale. LaChapelle è un maestro nel dare vita a un immaginario intriso da elementi eterogenei e dissonanti, eppure queste difformità stilistiche, quel storcere il naso davanti a certe iconografie tratte dalla storia dell’arte antica, rapiscono lo sguardo, conducono lo spettatore verso una mistificazione dell’immagine. Icone pop (celebre Naomi Campbell nelle vesti di un’Africa stuprata) che intercedono verso un paradiso di lustrini, santi e demoni dello show business che interpretano il ruolo di divinità da idolatrare, paesaggi fantascientifici di un mondo futuribile. Tutto questo corollario di rappresentazioni divengono nelle fotografie di LaChapelle, il tessuto primordiale di una cultura votata all’apparenza, ma che al medesimo tempo diviene cosciente di una dimensione effimera e fragile che può crollare anche dopo un semplice diluvio.

Cresciuto in seno alla factory di Warhol, LaChapelle diviene ben presto l’enfant prodige della fotografia glamour: attrici, modelle, star del cinema, cantanti, Madonna in prima istanza, vengono immortalati dall’artista che celebra nel suo mondo surreale un Olimpo postmoderno. Eppure la moda non basta, la notorietà forzata, lo sfavillio dello star system, gli eccessi, conducono LaChapelle a lasciare tutto nel 2006 per ritrovare il puro piacere dell’arte, per cominciare laddove aveva lasciato, attratto da una forza gravitazionale che lo ha condotto fino a Roma, approdando nella Cappella Sistina avviene l’epifania, secondo la declinazione di Joyce, e rivela tutta la potenza della pittura di Michelangelo. Dopo il diluvio diviene un percorso escatologico, quasi una confessione d’intenti, l’autore mostra dapprima a se stesso e successivamente al pubblico la potenza di un’immagine, l’immensa forza espressiva di un’iconografia. Avviene anche in Crush la serie di opere che LaChapelle dedica al suo indiscusso maestro. Negli anni ’60 Warhol realizza una sequenza di fotografie tratte dai quotidiani che narrano i tragici incidenti stradali occorsi nelle strade americane, una moltiplicazione serrata di scontri automobilistici che anestetizzano lo spettatore, come se dietro a quelle rappresentazioni non si parlasse più di vite umane ma solo di numeri riportati in maniera distaccata e metodica che sottolineano l’assenza di una corretta informazione giornalistica.

LaChapelle riprende le tematiche di Warhol portando all’estremo il concetto, una dimensione surreale dove cartonati di auto deformate dagli incidenti sembrano riecheggiare i manifesti pubblicitari visibili in ogni angolo delle nostre metropoli. Un senso di caducità percorre tutto il progetto espositivo, nelle trasposizioni di matrice religiosa l’artista affronta le tematiche tratte dal Nuovo Testamento attraverso la sintesi di un’incalzante retrogusto ludico. Un Cristo affascinante e dalla fisionomica patinata, diviene il protagonista da rotocalco di spettacolo: il divino si trasforma in divo, la celebrità a uso e consumo del puro marketing, la fede questione di brand e di un gusto da passerella. ”Ecco manderò il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla terra perirà. Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive, di ogni carne, introdurrai nell’arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te: siano maschio e femmina. Degli uccelli secondo la loro specie, del bestiame secondo la propria specie e di tutti i rettili della terra secondo la loro specie, due d’ognuna verranno con te, per essere conservati in vita. Quanto a te, prenditi ogni sorta di cibo da mangiare e raccoglilo presso di te: sarà di nutrimento per te e per loro». Noè eseguì tutto; come Dio gli aveva comandato, così egli fece”. LaChapelle sembra interpretare le vesti di un contemporaneo Noè, nella sua arca affida la grazia all’arte, a quell’immaginario onirico che redime l’uomo e consente allo spettatore di gioire della bellezza a discapito di qualunque estetica conformata, di qualsiasi immagine rassicurante, le fotografie parlano di un mondo ai limiti dove però a tutti, universalmente, anche dopo un catastrofico diluvio, è permesso l’accesso alla salvezza.

Fino al 13 settembre, palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194, Roma; info: www.palazzoesposizioni.it

Articoli correlati