Cosa c’è al Mart?

Il Mart continua il suo lungo viaggio e ci racconta passo dopo passo tutte le sue avventure. Tra le sale del museo trentino possiamo solo rimanere a bocca aperta travolti da mille emozioni e per i più sensibili forse scende anche qualche lacrima. Continua infatti la più grande esposizione dedicata al primo conflitto mondiale: La guerra che verrà non è la prima. Non è possibile dimenticare le atrocità di quattro anni di battaglie, torture, violenze e infinite ingiustizie. La stima delle vittime, non determinabile con certezza, tra militari e civili, supera i 40 milioni. Tutto questo nella speranza che l’uomo riesca finalmente a imparare qualcosa dai propri errori. In concomitanza, appena inaugurate, altre importanti mostre che accompagnano il visitatore lungo un appassionato dialogo per immagini nella storia dell’arte del ‘900 attraverso le collezioni dello stesso Mart che ha costruito nel tempo, con una politica di importanti acquisizioni, depositi e donazioni, un patrimonio di oltre 20 mila opere. Un excursus che lega l’arte alla storia, una storia viva, non asettica, sovraccaricata di quei pesi che talvolta nemmeno le parole sanno descrivere ma che l’arte rende semplici e comprensibili.

Con #collezionemart, a cura di Veronica Caciolli, Daniela Ferrari, Denis Isaia, Alessandra Tiddia, come un unico grande spazio, le due gallerie al primo piano si inchinano davanti ai capolavori dei protagonisti del XX secolo fino alle realtà più contemporanee dei giorni nostri. La prima sezione si snoda in un percorso che va da Medardo Rosso a Giorgio Morandi, passando per Mario Sironi, Carlo Carrà, Arturo Martini, Giorgio de Chirico, Fausto Melotti e Massimo Campigli. Le avanguardie storiche, che avevano affiancato l’azione distruttiva della guerra scardinando codici figurativi e canoni estetici, lasciano spazio, alla fine del conflitto, al ritorno di un ordine figurativo che guarda ora al classicismo ora all’arcaismo, categorie estetiche in grado di ricostituire parte di un mondo ormai scomparso o, per lo meno, raccontarne la nostalgia. Si prosegue con il secondo ‘900 rappresentato da colonne come Lucio Fontana, Teresa Margolles, John Baldessari, Alberto Burri ma anche Bruce Nauman, Candida Höfer, Robert Mapplethorpe, Luigi Ontani, Cindy Sherman e la drammaticità di Bill Viola. In luce la ricchezza e la varietà dei materiali e dei documenti conservati nell’archivio. Un viaggio arricchito da oggetti complementari alle opere: manifesti, inviti, brochure, ritagli stampa e cataloghi, carteggi, fotografie, registrazioni sonore e filmati. Gli anni Novanta si aprono a un nuovo policentrismo e a nuove indagini estetiche che si evidenziano al Mart con opere principalmente fotografiche di Thomas Demand, Andreas Gursky, Bernd, Hilla Becher o Gabriele Basilico di cui viene esposta, per la prima volta in museo, una serie del 1996. Chiudono il percorso gli artisti più attuali, lavori presenti nelle principali location internazionali, come Wade Guyton, Wolfgang Tillmans e Vik Muniz.

Nuovo progetto anche in Project wall, quel focus a cadenza mensile, dedicato agli artisti contemporanei che si lasciano ispirare dallo spazio, dall’architettura e dalle mostre in programma costruendo relazioni e connessioni. Uno spazio che si aggiunge alle aree espositive: la grande parete che corre lungo il foyer del primo piano è così un rinnovato luogo di sperimentazione. In questo momento incontriamo Alberto Di Fabio, artista, nato ad Avezzano nel 1966, ma romano di adozione. A cura di Gianluca Marziani, Geograficamente è il suo nuovo progetto dopo un rigoroso percorso che lo ha visto presentare dipinti alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, l’Estorick collection of modern Italian art di Londra, la Mairie du 4me di Parigi e il suggestivo Castel Sant’Elmo di Napoli. «Per il Mart l’artista – come sottolinea Marziani – parte da un enorme paesaggio della mente, un’opera che s’ispira alla forma delle montagne innevate e al fragile contesto dolomitico, ricollegandosi idealmente a un suo vecchio progetto che raccontava la delicata potenza delle montagne himalayane. Le relazioni tra i quadri hanno un’armonia musicale che sembra far suonare forme e colori, una composizione alchemica in cui il colore esprime il suo lirismo evocativo, la sua sonorità cosmica, le sue vibrazioni magnetiche. Un muro cosmico – continua il curatore – che squarcia il bianco della realtà per entrare nel clima sospeso delle evocazioni pittoriche, dei viaggi sensoriali, dentro una potenza reale (astronomia e biologia come campi di perenne battaglia) che si trasforma in assoluta bellezza».

E infine Giovanni Testori, Crocefissione ’49. I disegni ritrovati. A cura di Davide Dall’Ombra è esposta l’importante scoperta di 26 disegni che mostrano il processo creativo sfociato negli affreschi di San Carlo e in una delle rare opere scampate alla distruzione: la Crocifissione firmata e datata 1949, presente in mostra. Si tratta del più importante dipinto dell’artista che chiude una difficile ma significativa fase della sua vita. L’epilogo di un tentativo di far entrare l’arte contemporanea nelle chiese, sostenuto nell’importante e inedita tesi di laurea del 1947 e affrontato in prima persona in anni di sperimentazione.

Info: www.mart.trento.it

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