Il senso di una mostra a volte si coglie in un’immagine: Space station di Rebecca Moccia rappresenta una parabola satellitare che l’artista ha ricoperto di vernice dorata. Una foto, una scultura o un’installazione ambientale? Niente è come sembra. Pensata come uno strumento di ricezione, la parabola crea traiettorie invisibili, attira informazioni e le riflette verso l’esterno, imponendo così uno spostamento fisico dello sguardo, un cambiamento di prospettiva. Allo stesso modo, nella mostra allestita alla galleria MassimodeLuca sono percepibili delle linee di congiunzione tra le opere e con il pubblico, delle tensioni che spingono verso gli oggetti e aprono a scenari inaspettati. Deriva, del 2012, è la foto 1:1 di una prugna: è installata in un angolo della galleria e quello che a distanza si presenta come un piccolo tassello nero privo di importanza, solo avvicinandosi, rivela il suo reale soggetto. Uscirono notturni è invece una stampa fotografica scattata di notte insieme all’artista Silvia Mariotti: se il primo impatto è di totale oscurità, lentamente abituando l’occhio al buio, essa lascia scoprire i suoi tanti dettagli. Il lavoro della Moccia si esprime nell’osservazione, frutto di un movimento verso l’opera, in una specie di svelamento graduale, che coinvolge lo spazio e ricalca il meccanismo di scoperta. L’artista mette chi guarda nella condizione di poter instaurare con le opere un rapporto nuovo e particolare, acceso dalla meraviglia che suscitano. Rebecca cerca di destare stupore, ma è la prima a lasciarsi stupire. Spinta dalla curiosità di capire forme e meccanismi delle cose, smonta due violini per scoprirne il contenuto, come in PLAY, Violini, intrappola la neve dentro a una pila di carta in Fogli di neve, accoppia parole e oggetti come se avessero un’anima gemella, in un gioco in cui il corrispettivo di sasso è pietra e in cui vento non può esistere senza aria, come nell’opera Un linguaggio inaudito.
Pur presentata come una personale, in mostra sono presenti alcuni lavori che l’artista napoletana ha realizzato insieme a tre giovani colleghi, in un progetto espositivo dal titolo On air on air. Il dialogo con Bros porta a un intervento site-specific a parete, ovvero una scritta in un linguaggio istintivo, a cui Rebecca risponde dando corpo alla parola paint. Con Silvia Mariotti sceglie di installare Uscirono notturni di spalle rispetto all’ingresso così da sottolineare il movimento da compiere per vedere l’opera. Con Claudio Corfone dà vita a un solido sonoro all’interno del quale è contenuto una traccia audio realizzata con il gruppo hip hop Fool Effect. Condivisione, confronto e dialogo con altri artisti alimentano il lavoro di Moccia, creano situazioni di scambio, portando la relazione professionale a perdere i confini. Il superamento della funzione puramente espositiva della mostra pone interrogativi rispetto al ruolo dell’artista, alla possibilità di condividere opportunità e autorialità, alla ricerca di visioni comuni per costruire altre traiettorie e direzioni possibili. Grazie a esse la galleria ha saputo trasformarsi in uno spazio pulsante, dinamico, in cui, solo dedicando del tempo e prestando attenzione, ogni oggetto può assumere valenze diverse, evocare sensazioni, far riaffiorare ricordi o stimolare nuovi immaginari, dimostrando che, in un modo o nell’altro, c’è Sempre più di questo.
Fino al 24 aprile. Galleria Massimodeluca, via Torino, Mestre-Ve; info: www.massimodeluca.it