«Amo cambiare area, genere e sistema espressivo nei miei film: ho girato commedie, film drammatici, thriller, ad esempio. Il cinema mi piace come macchina e lo sperimento. Il mio grande maestro è stato Hitchcock»: queste le parole di Felice Farina personaggio eclettico che oltre ad essere regista si è cimentato in diversi campi come la recitazione attoriale, la fotografia, l’allestimento artistico, l’animazione. Del suo sperimentare e guardare a varie discipline dice: «È frutto di un’attitudine al gioco attivata da una curiosità quasi morbosa». Ora incarna il suo essere artista nella personale Memory box a Spazio Y a Roma, a cura di Helia Hamedani. Spazio Y si trova nel cuore del Quadraro vecchio ed è gestito dagli artisti Germano Serafini, Paolo Assenza, Arianna Bonamore, Anahi Angela Mariotti, Ugo Piccioni, Nicola Rotiroti, grazie al mecenatismo di Giovanna Colamussi e Mimmo Grieco, imprenditore fondatore e presidente della Croce Verde romana, che ha dato in concessione il locale di sua proprietà.
Nell’esposizione la memoria di trent’anni di storia italiana viene evocata con la complicità del pubblico attraverso il suono. Il rapporto con il passato è centrale, in maniera differente, anche nell’ultimo film di Farina, Patria, presentato alle Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia 2014, ed oggi nelle sale. Ma come avviene il processo di attivazione del ricordo in Memory Box? Pensiamo a un luogo in cui sono disposti dei nastri magnetici; pensiamo a una testina rivelatrice che produce suoni se passata sui nastri magnetici; pensiamo alla diversità di movimento, per intensità e velocità, che ogni persona produce nel far entrare in contatto la testina e i nastri: usciranno fuori, a volte rumori differenti, ma soprattutto ricordi uditivi storici sempre diversi, alcuni tratti proprio dal film Patria e altri da documenti quotidiani o cruciali del passato del paese. Così lo spettatore si trova ad affrontare una prova e un viaggio sensibile che cambiano non solo con la diversità delle persone, ma anche quando la stessa persona modifica il proprio approccio con il meccanismo. Farina commenta: «L’inizio della classificazione dei documenti sonori risale al caso Moro e prosegue fino ad arrivare ai giorni nostri; ho voluto restituire sotto forma di tracce emotive un’esperienza tale affinché si risvegliassero delle sensazioni nel pubblico». Risulta evidente che la realtà inconscia, qui, diventa tanto essenziale quanto l’obiettività del sonoro da cui si parte, a questo proposito egli dichiara: «L’inconscio è al centro della vita, è nostro padrone, ci possiede e ci anima». Felice è anche uno sperimentatore di meccanica ed elettronica, ha costruito da solo un dolly e una camera car e collabora con alcuni artisti per la realizzazione delle loro opere: oltre ad essersi relazionato con Elisabetta Benassi e Bruna Esposito, Farina si confronta soprattutto con Gregorio Botta e Gianandrea Gazzola. Il dispositivo alla base di Memory Box è inventato dall’artista stesso: nella differenza di modalità, fa risuonare memorie ed emozioni cangianti nella stanza di Spazio Y.
Fino al 31 marzo; Spazio Y, via dei Quintili 144, Roma; info: www.spazioy.com