Matisse al Quirinale

Scriveva Matisse nel 1939: “L’educazione classica mi ha portato naturalmente a studiare i maestri, ad assimilarli quanto più potevo considerando sia il volume, sia l’arabesco, sia i contrasti, sia l’armonia, e a riportare quelle riflessioni nel lavoro dal vero, finché non mi sono reso conto della necessità di dimenticare il mestiere dei maestri o piuttosto di comprenderlo, ma in modo tutto mio. Non è questa la regola per ogni artista di formazione classica? Poi, vennero la conoscenza e l’influenza delle arti orientali”. Ed è proprio da questo punto che ha inizio Matisse Arabesque, curata da Ester Coen: circa cento opere provenienti da musei e collezioni tra i più importanti al mondo, come I pesci rossi dal museo Puskin di Mosca, Zorah in piedi dal museo Hermitage di San Pietroburgo o Pervinche dal Moma di New York, sono a Roma in occasione di una mostra che, come appare chiaro già dal titolo, non vuole essere una ricognizione completa della produzione dell’artista ma piuttosto decide di metterne in risalto il rapporto con l’Oriente. Seguendo il percorso espositivo si trovano a confronto sulle due pareti da un lato le opere, dall’altro tutti quelli oggetti, elementi, dipinti che ne hanno influenzato la genesi. Così piccoli quadretti di artisti giapponesi ottocenteschi come Gakutei o Shinsai vengono contrapposti al Ramo di pruno, fondo verde in cui la semplificazione stilistica e il linearismo del ramo sono lì a testimoniare una derivazione giapponese. Mattonelle e maioliche turche o iraniane con motivi decorativi sono esposte di fronte a opere come Angolo dello studio per evidenziare la provenienza tutta orientale di quelle cromie verdi e blu. E ancora xilografie di Hiroshige sono affiancate a dipinti come Lo stagno a Trivaux, ancora una volta in un dialogo e parallelismo evidenti. Tutte suggestioni venute all’artista grazie ai viaggi in Algeria, Marocco, Mosca, Siviglia e alle esposizioni Universale di Parigi del 1900 e di Arte maomettana a Monaco di Baviera nel 1910 dove ha potuto scoprire l’arte dei paesi musulmani.

Ampio spazio è poi riservato alla collaborazione di Matisse con Igor Stravinskij per la realizzazione di costumi e scene del balletto Le chant du rossignol, andato in scena per la prima volta nel 1920. I costumi presenti in mostra, accompagnati da appunti, bozzetti e da una ricca documentazione fotografica, testimoniano la grande raffinatezza ed eleganza dell’artista nel reinterpretare motivi decorativi di stampo orientale, per la verità non molto apprezzati all’epoca. Chiude una sezione di dipinti e disegni dedicata agli alberi e foglie: “Vi sono due modi di descrivere un albero: 1. mediante un disegno imitativo come lo si impara elle scuole di disegno europee; 2. mediante il sentimento suggeritovi dalla vicinanza e dalla contemplazione, come gli orientali, credo, a quanto m’hanno raccontato. Quante volte ho voluto disegnare degli alberi ma non ci sono riuscito! Mi son sentito più volte respinto dallo studio degli alberi, da molto tempo, sempre, fino a qualche mese fa: quando, senza premeditazione, ho preso un blocco di carta da lettere e ho provato a disegnarvi dei rami fronzuti con i mezzi più semplici, e man a mano, mentre usciva l’inchiostro dalla penna sulla carta, vedevo formarsi del fogliame” scriveva Matisse.

Fino al 21 giungo, Scuderie del Quirinale, Roma, info: http://www.scuderiequirinale.it/Home.aspx

 

 

 

 

 

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