La Madre di Szeemann

La centralità indispensabile di Harald Szeemann nella sdrucciolevole galassia dell’arte contemporanea è protagonista di un prodotto editoriale di Johan&Levi, pubblicato nel novembre scorso e firmato da Pietro Rigolo: La Mamma, una mostra di Harald Szeemann mai realizzata. Mediante una scrittura scorrevole e una trattazione ben documentata, l’autore ricostruisce un momento nodale della carriera del curatore svizzero e della sua cosmologia, visualizzata alla sua maniera, ovvero attraverso il concepimento di tre momenti espositivi: Le macchine celibi, una mostra dedicata a un concetto di derivazione duchampiana, allestita alla Kunsthalle di Berna nel 1975 e riproposta anche a Venezia nell’agosto dello stesso anno, un’esposizione di cui Rigolo ci fornisce importanti coordinate strutturali e filosofiche, riguardanti la posizione del celibe, che si serve del fare arte come mezzo per sfuggire alla mortalità; La mamma, seconda tappa della trilogia, è nucleo centrale del testo, di cui l’autore rivela dettagli sorprendenti e, attraverso l’interpretazione di un disegno catalogato come La mamma Plan für Venedig (1975 ca), cerca di ipotizzarne l’ossatura, analizzando i possibili influssi e le probabili derivazioni letterarie e filosofiche.

Rigolo sottolinea come Szeemann consideri la figura materna quale simbolo del rifiuto dell’arte a favore di una libertà raggiunta attraverso il dono della vita e di cui la mostra, probabilmente ”una mostra senza arte”, ne avrebbe indagato l’evoluzione nei secoli; la terza esposizione sarebbe stata dedicata al mito del Sole, inteso come divinità maschile, profeta di una nuova società egualitaria e non patriarcale. In realtà le mostre che videro la luce furono, oltre a Le macchine celibi, sempre in una proposta concettualmente tripartita, Monte verità (1978) e Der Hang zum Gesamtkunstwerk (1983), cui l’autore dedica una sezione del libro.

La sensazione è che la trilogia pensata da Szeemann rappresenti, per temi trattati, un’altra prova lampante di quanto il curatore svizzero sia stato decisivo all’interno del sistema dell’arte contemporanea, ma ancor più di quanto abbia contribuito in maniera determinante allo sviluppo della storia della cultura del Ventesimo secolo. La Mamma è stata probabilmente un progetto assai ambizioso, una profonda ossessione studiata e riesumata da Rigolo con il conforto di essenziali testimonianze documentarie conservate al Getty research institute (dall’estate del 2011 nuova sede di gran parte del materiale dell’Archivio di Szeemann) dove l’autore è archivista. Il testo non rappresenta un tentativo di miracolosa resurrezione di una mostra mai realizzata, ma lo svelamento delle intenzioni, una passeggiata tra indizi e tracce fondamentali tra le quali il giovane studioso riesce brillantemente a districarsi, aggiungendo un’altra preziosa tessera al già composito mosaico szeemanniano.

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