Esteban Ayala, Obsolescencia

Durante quello che è stato a ragione definito il weekend bolognese più denso dell’anno, non potevano mancare le decine di eventi concomitanti che hanno accompagnato ArteFiera nelle sue date. Tra questi è particolarmente degna di nota la mostra personale di Esteban Ayala, dal titolo Obsolescencia, che si è inaugurata sabato 23 gennaio all’Art Studio Charly. Ayala, classe 1978, originario dell’Ecuador, affronta l’argomento del potere: «Non si tratta di una critica al potere attuale, ma di una sua storiografia» precisa lui. «Non siamo ancora in grado di vedere com’è davvero il potere di oggi. Conosciamo i nomi e i volti dei nostri politici, ma non sappiamo che forma abbia la struttura portante che è alla base di tutto. Siamo come dei contadini fuori dalle mura di una città medievale: il re riusciremo a vederlo solo dopo che sarà morto». L’artista si improvvisa così archeologo e mette in mostra la fragile natura del potere nell’epoca post rivoluzione industriale: dalla scultura cinetica Art production unit (una ruota azionata da un trapano che col suo costante movimento circolare modula un cumulo di argilla, testimone di un’asettica produzione automatizzata), alle strutture totemiche, rappresentanti il potere verticale, i materiali utilizzati sono vecchi, degradati, obsolescenti. I blocchi di cemento alla base dell’opera Tu invidia es mi progreso possono richiamare l’idea di solidità e durevolezza, ma, rivela l’artista: «Il cemento è un materiale molto fragile. Si sgretola. Tra cent’anni tutte queste case che abbiamo costruito non ci saranno più. Altro che piramidi!». Esemplare è stata, nel bel mezzo dell’inaugurazione, la rottura della punta del trapano in Art production unit, la quale è stata prontamente sostituita da Esteban, mentre il pubblico gridava: «Performance!».

La curatrice Chiara Ioli spiega come la società capitalista non lasci più spazio ai miti e cita lo scrittore francese Marc Le Bot, il quale scriveva: “Non ci sono più miti che riescano a colmare le brecce aperte nel corpo sociale dagli scontri della lotta di classe”. «La mitologia una volta era organica – dice Ioli – serviva a tenere unita la comunità. Adesso è molto più dispersiva, soprattutto in Occidente. Esteban ha un legame forte con la mitologia per via delle sue origini. Non ha potuto far altro che crearsi un simbolo suo, carico di significati mitologici attribuiti da lui stesso, rappresentato nel lavoro Fight. Mi sarebbe piaciuto includere nella mostra qualche lavoro in più su questo simbolo, Esteban ne è letteralmente ossessionato, però lui non ha voluto. Dice che è un tema intimo, che andrebbe trattato singolarmente, magari in una mostra a parte». Obsolescencia si presenta, insomma, come un insieme ben assemblato di lavori per nulla scontati all’interno di uno spazio (un ex-capannone industriale) che dialoga perfettamente con le tematiche presentate.

Fino al 31 gennaio, Obsolescencia, Checkpoint Charly, Bologna; Info: www.estebanayala.com

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