La ragazza indossava Dior

Modelle, sarte, costumiste. E poi le dive e il glamour, da Marlene Dietrich a Rita Hayworth, le più importanti nobildonne del vecchio continente e soprattutto le sue quattro muse: Marguerite Carré («una lavoratrice instancabile»), Raymonde Zehnacker («ha la sua scrivania accanto a quella del principale e non la abbandona neanche per un attimo»), Mitzah Bricard («lo stile e l’eleganza assoluta sono le sue uniche ragioni di vita»), Suzanne Luling («conosce il gotha della moda. Per lei tutto il resto non esiste»). L’universo umano e professionale del quale amava circondarsi Christian Dior nel suo atelier non rappresentava una semplice “cornice” per il grande stilista francese. Tutt’altro. Contribuiva ad alimentare un sogno: quello di un uomo che stava per diventare una vera e propria leggenda dell’haute couture (nonostante la sua carriera durò una decina d’anni, dal 1947 al 1957, aspetto poco noto ai più) e che con il suo stile avrebbe influenzato l’alta moda del secondo dopoguerra. Nella delicata graphic novel a colori La ragazza indossava Dior (Bao publishing, 128 pagine, 19 euro), Annie Goetzinger tratteggia abilmente in immagini a fumetti – che qui con l’universo della moda si sposano profondamente – il dietro le quinte del numero 30 di avenue Montaigne poco prima della sfilata di debutto di Dior. «Si citano sempre tre grandi nomi nella haute couture francese: Chanel, Dior e Saint Laurent. Molto si è scritto sugli altri due, ma poco su Christian Dior», ammette la disegnatrice, che attraverso l’esperienza di Clara – una ragazza cresciuta in una famiglia di sarte con l’ambizione di diventare redattrice fashion – presenta al lettore un racconto dalle sfumature eleganti e ricercate, una sceneggiatura in bilico tra finzione e biografia.

È il 12 febbraio 1947 e in una fredda Parigi («sul marciapiede, anche se a meno sei gradi centigradi, gli invitati non si preoccupano delle reazioni di pane scese a duecentocinquanta grammi o della carenza di carbone. Tutte queste cose non li riguardano») eleganti signore sono in fila davanti al numero 30 di avenue Montaigne: un indirizzo che sarebbe entrato nella storia della moda ma che all’epoca nessuno conosceva. «Si diceva che per la sua casa di moda, Christian Dior avesse voluto il Luigi XVI 1900, uno stile che non esisteva realmente, se non nei suoi ricordi di infanzia, passata tra Granville in Normandia e Passy a Parigi. Rivestimenti in legno bianco, raso grigio perla, abat-jour in taffetà, mazzolini di fiori e piccole palme. Mi aspettavo qualcosa di sobrio ed elegante, ma ignoravo l’effervescente vitalità della notte della vigilia della prima sfilata», descrive Clara, soffermandosi poi sull’alta professionalità dei componenti dell’atelier: «Per la prima volta mi trovavo dentro il mondo incantato dell’alta moda e stavo iniziando a scoprire tante cose nuove. Per esempio, che nella maison Dior si sa con certezza quando iniziano le prove, ma quasi mai quando finiscono». Con dovizia di particolari, Goetzinger ripercorre il successo planetario di Christian Dior e i rituali che precedevano la presentazione di ogni collezione, raccontando un’esistenza – quella dello stilista – intensa e affascinante. Al pari delle parole che amava ripetere: «La mia speranza è che le donne di tutto il mondo si sentano belle come duchesse». Info: www.baopublishing.it

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