Prix de Rome

«Rome is still the place to be?»: questo l’interrogativo di partenza che ha coinvolto i rappresentanti delle diverse Accademie straniere presenti a Roma, riuniti nella sede dello KNIR (The Royal Netherlands Institute in Rome). Il tema caldo oggetto dell’incontro, curato dall’artista e ricercatrice Krien Clavis, è il famoso Prix de Rome, istituito in Francia ai tempi di Luigi XIV e oggi presente in molti Paesi europei e negli Stati Uniti d’America. Nato con l’obiettivo di permettere agli artisti di trascorrere un periodo di residenza nella Città Eterna per conoscere da vicino l’arte del passato e lasciarsi influenzare dalle bellezze che hanno scritto la storia dell’arte antica e moderna, dalla nascita dell’Istituto Olandese a Roma nel 1933 offre la possibilità di periodo di permanenza romana anche agli artisti provenienti dai Paesi Bassi, da due anni grazie al contributo del Mondriaan Fund. Qual è il ruolo di un premio del genere oggi? Quale l’impegno da parte dell’Accademia olandese rispetto a tutte le altre presenti nella capitale (dall’Accademia di Francia a quella Britannica, dall’Accademia tedesca Villa Massimo all’Accademia Americana)?

Ispirazione, avventura, ricerca, network: questi i punti cardine che guidano l’operato di tutte le realtà straniere presenti a Roma. Ispirazione, perché ancora, dopo più di un secolo questa città è in grado di offrire ispirazione agli artisti provenienti da ogni parte del mondo; avventura, perché la scoperta e l’apertura all’internazionalizzazione non devono mai privarsi di uno spirito avventuriero; ricerca e network, perché è fondamentale che Accademie ospitanti e artisti partecipanti siano pronti a sviluppare e approfondire la propria ricerca e a condividerla con gli altri pensionnaires, così come con gli attori presenti nel mondo dell’arte contemporanea della città. Cosa ne pensano gli artisti? Già Valerio Rocco Orlando nel suo Reverse Grand Tour aveva raccontato il grande viaggio di ispirazione degli artisti residenti nelle Accademie straniere della Capitale, ogni volta diverso nella lingua, ma simile nei contenuti: l’artista che vince la possibilità di trascorrere dei mesi in residenza si sente in qualche modo obbligato, come dovesse dimostrare qualcosa a qualcuno, al proprio Paese che ha finanziato la sua ricerca. In un dialogo con alcuni degli artisti in residenza, chiamati ad essere muse ispiratrici della propria produzione, i direttori sono unanimi nel credere che l’esigenza primaria sia acquisire la consapevolezza di far parte della stessa Nazione, l’Europa, e di avere modus operandi ed obiettivi comuni.

Quale la situazione attuale dell’arte contemporanea a Roma? Chiamati a rispondere Lorenzo Benedetti (direttore del De Appel arts centre di Amsterdam), Adrienne Drake (direttrice della Fondazione Giuliani di Roma), Cecilia Canziani (co-direttrice della Nomas Foundation di Roma), Lorenzo Bruni (curatore attivo tra Playmouth e Firenze) e Maria Barnas (artista e scrittrice olandese) hanno tracciato un panorama ricco di possibilità in cui mancano, però, comunicazione e voglia di fare rete. Roma è ancora una città piena di risorse ed è necessario che tutti gli attori attivi sulla scena artistica romana cooperino sinergicamente senza aspettare il sostegno di Regione, Città o Provincia. In conclusione, allora, Roma può ancora essere “the place to be”? La risposta degli artisti presenti sembrerebbe di sì, per gli addetti ai lavori anche, eppure lo stato delle cose attuale sembrerebbe dire il contrario. Restiamo in attesa di vedere se questo circolo vizioso di mancate possibilità e meccanismi complessi e macchinosi, si trasformi presto in un circolo virtuoso, nel quale il grande numero di professionisti attivi nel contesto dell’arte contemporanea della Capitale trovino la giusta collocazione.